martedì 25 giugno 2013

Sette

Silvio Berlusconi condannato a 7 anni di reclusione con l'interdizione perpetua dai Pubblici Uffici. In altri Paesi, ovviamente, tutto questo significherebbe una sola cosa: la fine politica di un uomo che, sempre in un Paese diverso dal nostro, probabilmente non avrebbe mai cominciato a farla, la Politica. In Italia, invece, ci ritroveremo con il problema della tenuta del Governo se si provvederà al via libera alla sua (doverosa) ineleggibilità. Cose da fantapolitica.
Comunque il “Sette” è un numero particolare. 
Sette sono infatti i Colli Romani, come Sette sono gli anni a cui Berlusconi aspirava. No, non quelli arrivati ieri, ma quelli da passare proprio su uno di quei Colli, il politicamente più importante, quello del Quirinale. Almeno a questo, comunque, il nostro Silvio dovrà rinunciare. Si spera.
Sette sono anche gli anni di condanna al protagonista del film di Moretti “Il Caimano”, film uscito nelle sale italiane, pensate un po’, proprio Sette anni fa. 
Sette sono i Nani, a cui spesso si accostava lui, l’Ottavo.
Sette sono dunque gli anni di reclusione che Berlusconi non si farà. Che la sentenza sia di primo o secondo grado (come ci tengono, i media, a sottolineare sempre e comunque che si tratta di “primo grado”; sì, ok... per carità!), o passata anche in Cassazione, il Cavaliere, ovviamente, non si farà nemmeno un giorno di galera. Sull'interdizione, poi, la situazione è ancora più grave. Se in effetti fossi colto improvvisamente da carità umana e accettassi che a un signore di 76 anni si risparmiasse la galera, non c’è carità, pietà o umanità che tenga nell'impedirmi di essere assolutamente indignato di fronte alla possibilità che a un condannato a 7 anni di reclusione per reati gravi venga in qualche modo permesso di evitare l’interdizione che ogni altro comune mortale condannato deve, invece, accettare. Come la galera.
In definitiva c’è da chiedersi di cosa stiamo parlando. Le sentenze vanno rispettate, lo dice persino il PD (vedremo...). La credibilità di questo Paese ormai rasenta il fondo, e se agli occhi della comunità internazionale il fondo è già stato raschiato e scavato, salviamoci almeno tra noi italiani, popolo di santi, poeti e navigatori. E passivi, passivi a un Potere che critichiamo ormai soltanto per abitudine e per menefreghismo. 
Silvio, interdetto e condannato, si ricandida? Eh, siamo in Italia! È uno schifo, andrebbero tutti mandati a casa... però, sì, siamo in Italia.
Grillo insegna.

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