Ultimo giorno del 2019. Posso quindi affermare che "Watchmen", per quanto mi riguarda, è senza ombra di dubbio la Serie TV dell'anno. Un anno che ha sfornato altri grandi prodotti, come "Chernobyl", "The Boys", "Dark 2" e "The Mandalorian" (sono in attesa di vedere dove andrà a parare "Servant"), tutti per me un gradino (piccolo) sotto "Watchmen", e che riguarderei subito senza annoiarmi.
Ma torniamo alla Serie protagonista del post: una storia straordinaria, ambientata 30 anni dopo le vicende del fumetto, in un 2019 alternativo, razzista e spaventato. Troviamo nuovi e vecchi personaggi della storia originale, in un intreccio che tiene lo spettatore incollato allo schermo, e che col passare degli episodi, 9 in tutto, riesce a sbrogliarsi e a rispondere a tutte le domande che inevitabilmente lo spettatore si è posto. Poche Serie, a mio parere, sono riuscite a completarsi così bene, a far combaciare alla perfezione tutti i pezzi del puzzle, senza cadere nel terribile spiegone. La messa in scena della storia di Adrian Veidt (un come sempre grande Jeremy Irons), per esempio, è da manuale, così come quella del mitico Dottor Manhattan, in un episodio, "Un Dio entra in un bar", a dir poco strepitoso.
Difetti? Per una volta non ne voglio trovare. Watchmen è talmente intrigante, affascinante, curioso, che se di difetti presenti non ne ha, spero con tutto il cuore che non ne arrivino in futuro, come un'eventuale Seconda Stagione. La Serie TV infatti è autoconclusiva, come meglio non si poteva, e se le parole di Damon Lindelof, che dice di non avere per ora intenzioni e idee per una nuova Stagione, fanno ben sperare, bisognerà sempre fare i conti con lo spietato mondo del mercato.
Per il momento, allora, godiamoci quest'unica, grande Stagione della miglior Serie del 2019, tenendo sempre d'occhio il cielo: potrebbero piovere calamari.
Ok, sono consapevole del fatto che alcune divinità non debbano essere tirate in ballo in post goliardici e poco approfonditi, ma qualche giorno fa mi sono imbattuto in questo interessante e affascinante video in cui i Sacri Mostri del nostro amato Lovecraft vengono "mostrati" in scala. Certo... il video è soggetto a imperfezioni o approssimazioni, a cominciare (o a finire, direi) dalle dimensioni di Azathoth... ma va bene così. Certi che un video del genere non sarebbe dispiaciuto neanche al nostro caro HPL, lustriamoci gli occhi e inchiniamoci i fronte alla grandezza...
Non amo particolarmente i film natalizi, ancor meno i "cartoni" sul tema. Leggendone e sentendone bene, ho voluto però dare una chance a "Klaus - I Segreti del Natale". Ebbene... mi è piaciuto.
L'opera prima di Sergio Pablos mi ha divertito parecchio, con i suoi personaggi e le sue fredde atmosfere, che regala allo spettatore una particolare genesi dell'omone barbuto più famoso d'inverno, affrontando anche il tema delle "faide" cittadine e dei popoli diversi, e di quanto sia importante avere una visione inclusiva e non esclusiva. Jasper, il personaggio principale, è un figlio di papà sbandato e fannullone, che spedito nell'estremo nord proprio dal padre, per metterlo in riga, si ritroverà ad affrontare non soltanto un ambiente freddo in tutti i sensi, ma anche una missione davvero complicata: consegnare 6000 lettere. E nella fredda cittadina di Smeerensburg, riuscire in una tale impresa è quasi impossibile, vista la scarsa vena comunicativa (e non solo) dei concittadini, che col tempo hanno influenzato e corrotto anche la giovane maestra Alva. Così, il giovane rampollo avrà la fortuna di imbattersi in un vecchio all'apparenza burbero, Klaus, che gli cambierà la vita. Così come la cambierà all'intera Smeerensburg e... non solo.
Perché mi è piaciuto così tanto un semplice film di animazione di Natale? Forse perché, nonostante la storia trasudi, com'è ovvio, buoni sentimenti, lo fa anche in maniera non sdolcinata, ma ironica, riflessiva, e con un finale all'altezza di tutto il resto.
Se siete stanchi dei soliti classiconi di Natale, per quest'anno ignorateli in scioltezza e tuffatevi, una di queste sere, nel freddo e magico mondo di Klaus. (VOTO: 8 - Buon Natale)
Si conclude la Trilogia del Passato della Terra, e lo fa con un terzo capitolo davvero spettacolare, che nell'arco di tutta la sua storia va a coprire una fetta enorme (a dir poco) di tempo. Gli avvenimenti narrati in quest'ultimo capitolo, "Nella Quarta Dimensione", infatti, effettuano salti nel tempo notevoli, andando a toccare ancor di più, rispetto ai due capitoli precedenti, questioni scientifiche, fisiche, astronomiche, non semplici... ma incredibilmente affascinanti. Un fascino che questo libro conserva per tutto lo scorrere delle pagine, arrivando al culmine in un finale incredibile, in cui l'autore a mio parere si supera.
La crisi tra la Terra e Trisoloris assume, in questo libro finale, nuove dimensioni. In tutti i sensi. E, disastro dopo disastro, ipotesi dopo ipotesi, possibili soluzioni e possibili vie di fuga, ci si ritrova sempre di fronte a nuovi problemi, a nuove minacce, fino all'apice di tutte le minacce...
Com'è che si dice? "Da che pulpito vien la predica".
Ok, l'errore degli operai addetti alla segnaletica orizzontale è grave, gravissimo: scrivere BOLOGNIA, con l'aggiunta di quella "i" di troppo, forse vuol dire qualcosa di più di essere semplicemente ignoranti. Ma trovo altrettanto grave che un articolo di un giornale come "Il Resto del Carlino", che sottolinea appunto un errore come questo, contenga anch'esso un errore che ormai troppe volte ci ritroviamo a leggere: SI al posto di un SÌ. Signori giornalisti... vada per l'amico che ci scrive un messaggio su WhatsApp e che, per giustificarsi, se la prende col correttore automatico (e a volte è proprio così!), ma almeno voi dovreste conoscere bene la differenza tra un "si" e un "sì". L'accento è importante, come la virgola, il punto, l'apostrofo, la "h". Un accento mancante o di troppo a un "si" spesso cambia radicalmente il senso di una frase, e, se pescato in un articolo che mette in evidenza un errore ortografico, tra l'altro in maniera molto ironica (e ci starebbe) nei confronti dei poveri autori dell'errore... diventa un epico autogol.
"Dopo la riforma della Buona Scuola, il prossimo esecutivo potrebbe valutare una legge della Buona Segnaletica", scrive il giornalista nell'articolo. E dopo la riforma della Buona Segnaletica, aggiungerei io, l'esecutivo successivo potrebbe valutare una legge del Buon Giornalismo.
Sì, avete letto bene.
Di seguito il link dell'articolo, datato 4 ottobre 2017: chissà, forse prima o poi l'autore dell'articolo aggiungerà quella ì accentata, come un piccolo tratto di penna rossa sul quaderno di uno scolaro un po’ asino.
La mia storia d'amore con "American Gods" è andata così: vista la Prima Stagione su Amazon Prime, incuriosito dal trailer e dalle locandine, sono subito andato alla ricerca del libro di Neil Gaiman. Letto il libro, l'amore è esploso, ed eccoci alla visione della Seconda Stagione, in attesa (trepidante) della Terza.
L'idea geniale di Gaiman è far vivere (o rivivere) i vecchi Dei tra noi. All'apparenza uomini e donne comuni, ma con tutta la loro storia secolare, millenaria alle spalle, e un potere che seppur in crisi è ancora tutto lì. Già, la crisi. È questo il cardine di tutta la storia: i Vecchi Dei sono infatti in crisi, perché sempre meno gente crede in loro e prega per loro. In più, a minacciare la vecchia guardia, ci sono i Nuovi Dei: la Globalizzazione (Mr. World), la Tecnologia (Technical Boy), i Mass Media (Media). Un'altra idea fantastica, che fa di questa Serie TV (e del libro) un prodotto originale nonostante la presenza di "Mostri Sacri" come Mr Wednesday (non vi dirò chi è, perché nella Serie TV, al contrario del libro, c'è un alone di mistero per tutta la Prima Stagione), Dei Egizi, Leprecauni e Jinn. Ed ecco allora che Mr Wednesday, per riunire i Vecchi Dei e arrivare alla guerra contro i Nuovi Dei, assolda l'ex galeotto Shadow Moon; e non possiamo non provare enorme pena e grande solidarietà nei confronti di questo povero ragazzone che all'uscita dal carcere si ritrova la moglie morta (ma da non rimpiangere più di tanto...) e un tizio scaltro ed enigmatico (a dir poco) come "capo". È così che comincia la preparazione per una guerra che nell'arco delle 2 Stagioni finora andate in onda contrappone Vecchi e Nuovi Dei, in uno scontro che, diversamente da tutte le altre storie, ci colloca di fronte a due fazioni che non rappresentano né il Bene né il Male. In effetti... da che parte si schiererà lo spettatore? Io la mia scelta l'ho fatta.
La Serie TV è fatta bene, il libro ancora di più. Ovviamente ci sono delle differenze notevoli tra i due "mezzi" (anche nelle fattezze dei personaggi: Technical Boy, sei davvero tu?), e la Seconda Stagione termina proprio laddove comincia uno dei capitoli più importanti del libro di Gaiman. E sono davvero molto, molto curioso di andare a vedere come verranno messi in mostra alcuni passaggi davvero d'impatto della storia narrata nel libro. Ciò che mi auguro, comunque, è che la Terza Stagione sia conclusiva, e non vada ad allungare un brodo (come già in parte è stato fatto in queste 2 Stagioni) che così com'è ha un gusto eccezionale; anzi, divino.
I volumi delle "Canzoni della Sera" arrivano in doppia cifra. E in questo 10° volume c'è davvero tanta roba...
Si apre con un gruppo che fino a qualche mese fa non conoscevo, i Portugal. The Man, che qui troviamo con la loro "Live in The Moment", e si chiude con i dissacranti (e italianissimi) Nanowar Of Steel (chiaro il riferimento ai Manowar), con un "Norwegian Reggaeton" di gran lunga preferibile ai reggaeton estivi (e reggaeton tutti, direi). Ma restiamo in Italia: "La Cometa di Halley" di Irene Grandi (scritta da Francesco Bianconi dei Baustelle) passa e saluta, e per rivederla, per quanto mi riguarda, ci sarà bisogno di un enorme sforzo, visto che tornerà a farci visita nel 2061. Ma non pensiamo al tempo, e andiamo avanti, con un capolavoro della Musica Italiana incisa da un capolavoro di Gruppo Italiano, i C.S.I. con "Del Mondo"; brividi. Un altro cantautore che amo molto è Samuele Bersani, qui con "Cattiva", che a mio parere meriterebbe molta più considerazione. Considerazione che sta avendo (meritatissima) Brunori SAS, che in queste sere ho omaggiato col suo ultimo singolo, "Al di là dell'Amore". Altro omaggio a Francesco Baccini con "Le Donne di Modena", uscito un po' dal circuito negli ultimi anni, ma che ho sempre apprezzato. Tra gli italiani, troviamo anche Enzo Draghi, che dopo Cristina D'Avena è stato senza ombra di dubbio la voce più importante delle sigle dei nostri amati Cartoni Animati. La sua "I 5 Samurai" (una delle mie sigle preferite in assoluto) arriva dopo una serata in cui ho avuto il piacere di ascoltarlo dal vivo in un Pub qui in zona, nel modenese, e apprezzarne ancora di più le doti, sia canore che umane. Grande Enzo! E per chiudere con l'Italia in Musica, ecco un altro grandissimo capolavoro, una delle mie canzoni italiane preferite in assoluto: "Fata Morgana" di quelli che erano i Litfiba.
A novembre non poteva mancare la "November Rain" dei Guns N' Roses, così come non potevano mancare grandi, grandissimi classici, come "Hallelujah" di Leonard Cohen, "Dream On" degli Aerosmith, "Rock and Roll All Nite" dei KISS e, udite udite, "Another Brick in The Wall" dei Pink Floyd, per festeggiare i 40 anni dell'immenso "The Wall".
Per ricordare la serata del 19 novembre al Fabrique di Milano, dove ho assistito al concerto degli islandesi Of Monsters and Men, tuffiamoci nella favolosa "King And Lionheart"; adoro questo gruppo.
Oltre al resto, che vi invito come sempre a scoprire (c'è anche del sano hard rock... spagnolo!), chiudo il post segnalando tre importanti singoli usciti in questo 2019: "One of Us" di Liam Gallagher, "All This Music Must Fade" dei mitici "The Who", e "California Halo Blue", degli AWOLNATION. Questi ultimi due pezzi... non mi stancherei mai di ascoltarli.
Buone vibrazioni a tutti.
#226 Portugal. The Man - Live In The Moment (09-nov-19)
#227 Irene Grandi - La Cometa di Halley (10-nov-19)
#228 3 Doors Down - Kryptonite (11-nov-19)
#229 C.S.I. - Del Mondo (12-nov-19)
#230 Liam Gallagher - One Of Us (13-nov-19)
#231 Lynyrd Skynyrd - Simple Man (14-nov-19)
#232 Samuele Bersani - Cattiva (15-nov-19)
#233 Enzo Draghi - I 5 Samurai (16-nov-19)
#234 Mumford & Sons - The Cave (17-nov-19)
#235 Guns N' Roses - November Rain (18-nov-19)
#236 Of Monsters and Men - King And Lionheart (19-nov-19)
#237 Brunori Sas - Al di là dell’Amore (20-nov-19)
#238 The Who - All This Music Must Fade (21-nov-19)
#239 Aerosmith - Dream On (22-nov-19)
#240 Bombay Bicycle Club - Eat, Sleep, Wake (Nothing But You) (23-nov-19)
#241 Leonard Cohen - Hallelujah (24-nov-19)
#242 Francesco Baccini - Le Donne di Modena (25-nov-19)
#243 Héroes del Silencio - Avalancha (26-nov-19)
#244 KISS - Rock and Roll All Nite (27-nov-19)
#245 Steriogram - Walkie Talkie Man (28-nov-19)
#246 AWOLNATION - California Halo Blue (29-nov-19)
#247 Pink Floyd - Another Brick In The Wall (30-nov-19)
#248 Litfiba - Fata Morgana (01-dic-19)
#249 Manu Chao - Clandestino (02-dic-19)
#250 Nanowar Of Steel - Norwegian Reggaeton (03-dic-19)
Devo ammettere che da grande fan dei Simpson mi aspettavo molto, molto di più da "Disincanto". Così come già mi ero aspettato molto da Futurama, che al contrario di Disincanto, però, è riuscito a mantenere tutte le mie aspettative; anzi, addirittura a superarle.
Dunque Disincanto non mi è piaciuto? Non proprio.
Innanzitutto la storia narra le vicende della Principessa Tiabeanie, per gli amici "Bean", una nobile del tutto anticonvenzionale (le piace bere e ubriacarsi, per esempio), nel fantastico mondo medievaleggiante di Dreamland. Idea molto buona, che va a collocarsi all'opposto del mondo futuristico di Futurama. Ma cos'è, allora, che non funziona in Disincanto?
La prima parte della "Prima Parte" mi ha sinceramente annoiato. Episodi che si lasciavano guardare stancamente, e che proprio non riuscivano a coinvolgermi. La protagonista, la Principessa Tiabeanie, seppur divertente non riusciva a conquistarmi, così come il suo principale compagno di viaggio, l'ingenuo e tontolone Elfo. Da subito, invece, mi è piaciuto l'altro componente dell'improbabile trio, il demoniaco Luci. Ma Luci, da solo, non poteva bastare. A salvare (quasi) il tutto, per quanto mi riguarda, è stato un buon Finale di Stagione, con gli ultimi 3/4 episodi molto più interessanti e divertenti. Un finale che, ovviamente, lasciava tutto in sospeso in attesa della 2a Stagione.
Una Seconda Stagione che mi è comunque piaciuta più della Prima. Dopo un inizio "seriale", c'è stato qualche episodio singolo, in stile Simpson e Futurama, che non mi è dispiaciuto affatto; che fosse stata questa la strada giusta? Singoli episodi di singole storie iniziate e finite, e non una serialità che non cattura completamente, anzi stanca, e che si trascina senza che lo spettatore aspetti più di tanto di andare a vedere come continua o finisce. Ma Disincanto è questo. Una storia lunga, narrata nell'arco di più Stagioni (forse 4), così come funzionano le normali Serie TV di oggi.
Paralleli e paragoni con i Simpson? Meglio lasciar perdere, a meno che dei Simpson non si vogliano prendere in considerazione le ultime Stagioni. Le battute e le trovate di Disincanto sono lontane, lontanissime dalla genialità del prodotto più conosciuto di Matt Groening. Ma, come già accennato, impossibile avvicinarsi anche a Futurama; un altro Universo.
Ma con Futurama ormai finito, e i Simpson che ultimamente sono lontanissimi dagli splendori di un tempo, la spiegazione di una non completa riuscita di Disincanto potrebbe anche essere trovata nell'esaurimento della genialità di Groening. Il tempo passa per tutti. E logora. (VOTO: 6 - Sufficienza Sospesa)
Ma quanto mi sono divertito nel guardare questa Serie Animata di Netflix? Le 3 Stagioni sono volate, e già non vedo l'ora della 4a!
"Big Mouth" è di sicuro una Serie non per tutti, ma se vivete nel 2019 (quasi 2020, ormai), e dunque non vi scandalizzate nel vedere un Cartone che narra le vicende di un gruppo di adolescenti arrapati... allora non potete non divertirvi quanto il sottoscritto.
La Serie è molto esplicita, e questo è un gran punto a suo favore. Non esistono "bip", non esistono tabù, non esistono parti anatomiche storpiate da nomignoli: i cazzi di Maurice sono cazzi. Punto. Ma la vera forza di Big Mouth, è la naturalezza con cui si affrontano i problemi e i piaceri sessuali degli adolescenti nei suoi 31 (finora) episodi. Episodi che sono una vera e propria bomba nelle prime 2 Stagioni, e che frenano un po' (ma non arretrano) nella 3a. Anche nell'ultima Stagione, infatti, il livello è molto alto, e la curiosità e le aspettative per la 4a Stagione restano a mio parere pari a quelle che c'erano per l'ultima andata in onda quest'anno.
I personaggi di Big Mouth sono ovviamente dissacranti, esagerati, eccitati. E tra tutti, spicca senza ombra di dubbio il Mostro degli Ormoni del protagonista: Maurice. La sua passione? Indovinate un po'...
E parlando di protagonisti, l'unica nota negativa che sento di muovere nei confronti di questa straordinaria Serie, è proprio la mancata evoluzione di un personaggio che nelle prime 2 Stagioni mi aveva fatto morire: Coach Steve. Nella 3a, infatti, si è voluto stravolgere il personaggio, e la cosa a mio parere non gli ha giovato per niente. Un gran peccato... sperando che nella 4a Coach Steve torni più disagiato che mai...
Terza Stagione che, comunque, ci regala anche una vera e propria chicca: l'episodio dedicato a Duke Ellington.
Insomma, se non l'avete ancora visto, correte subito a farlo. Magari con a fianco il vostro ormai storico Mostro degli Ormoni.
Conoscendo come funziona la distribuzione di alcuni film qui in Italia, io "Parasite", per sicurezza, l'ho visto ben prima della sua uscita nel nostro Paese. E direi di aver fatto bene.
Il film di Bong Joon-ho è un'opera superba, che sembra partire come la solita commedia, per trasformarsi ben presto in un dramma tanto assurdo quanto credibile. Il Capitalismo, le Classi Sociali, il Mito della Ricchezza e la sua conoscenza, fino ad arrivarci perfino dentro, come parassiti. La storia di un piano perfetto che sembra sfruttare il buonismo di facciata della famiglia Park, anzi del "ricco" in generale. Il tutto, ovviamente, nell'ombra, perché gli scarafaggi sono costretti a fuggire via con l'arrivo della luce. E arriverà mai quella luce a rendere tutto chiaro? A far tornare gli scarafaggi lì da dove erano arrivati, e a far riaccomodare gli agiati lì dove se ne stavano seduti fino all'arrivo del primo parassita?
Il film parte subito bene, mancando leggermente nella parte centrale, riprendendosi poi in quella finale, in cui si assisterà a un colpo di scena molto interessante (i dettagli e le parole, in film come questo, sono fondamentali) e a una conclusione inaspettata.
Di Bong Joon-ho avevo già apprezzato "Snowpiercer", e a breve mi tufferò anima e corpo nel resto della sua filmografia. Per quanto riguarda "Parasite", Palma d’oro all'ultimo Festival di Cannes, un solo consiglio: non lasciatevelo sfuggire.