venerdì 29 maggio 2020

Sons of Anarchy (Stagioni 1-7)

Di "Sons of Anarchy" se n'è parlato tanto tra blog e siti specializzati. Per molti anni l'ho completamente snobbato per via di una storia che sembrava non potesse interessarmi, e di Stagioni che si accumulavano a nuove Stagione. Alla fine, 7 in tutto. E fino a qualche tempo fa ero convinto che mai avrei affrontato una simil mole di episodi riguardante le vicende di motociclisti in Harley-Davidson. Ma sono un tipo curioso, e dopo averne sentito parlare sempre bene, dopo aver sentito parlare, soprattutto, di una Serie con un finale epico, la mia curiosità è cresciuta pian piano, fino a far sì che nella mia testa si riunissero i miei SAMCRO (acronimo di Sons of Anarchy Motorcycle Club Redwood Original) per decidere se guardare o meno la Serie. Seduti attorno al tavolo intarsiato col mio cervello al centro, ecco una serie di col colpo di martelletto a consacrare la decisione: sì, la Serie andava vista.
E così è stato. 

giovedì 28 maggio 2020

As the Gods Will (2014)

Di film strambi ne ho visti tanti, e "As the Gods Will" si piazza tra i primi posti della mia personale classifica in fatto di film assurdi. Tratto da un Manga di qualche anno prima, il film del super prolifico (a dir poco) regista giapponese Takashi Miike parte subito con una scena talmente d'impatto, talmente particolare, che non può non incuriosirci: Shun Takahata, annoiato studente delle superiori, assiste in classe all'esplosione della testa del suo professore. Orrore... raccapriccio... ma non è finita. Al posto del professore appare una inquietantissima e cattivissima Bambola Daruma, che, senza un perché, senza senso, obbliga Shun e i suoi compagni di classe a giocare a Daruma ga koronda (un gioco simile al nostro "Un, due, tre stella!"), ma in una versione decisamente particolare: chi perde, viene ucciso. E sarà un'esplosione di teste e biglie rosse.
Il resto del film continua così: una serie di giochi a cui vengono sottoposti i malcapitati studenti, in un turbinio di assurdità e morti violente. E allora ecco Bambole Kokeshi, un enorme e affamato gatto Maneki-Neko, Matrioske... in una sequenza di giochi violenti da cui bisogna uscire vivi, comandati da qualche misteriosa entità divina.
Il film, c'è da dire, va sgonfiandosi verso la fine, nonostante resti sempre abbondantemente sopra le righe. La mancanza però di una caratterizzazione dei personaggi, e di un finale all'altezza di quello che abbiamo visto fino a quel momento, sono gli unici (e, certo, importanti) punti deboli di un'opera folle che va vista e goduta come tale. Bella fotografia, begli effetti, nonostante le pecche di cui ho accennato, a me "As the Gods Will" ha divertito da morire, e ancora oggi, a distanza di anni, aspetto un sequel che possa aiutarmi a dare un senso (ma forse un senso non ce l'ha) a tutta la storia; o meglio, un finale altrettanto folle e assurdo come tutta la storia, anche perché, da quello che ho letto, il film copre soltanto una parte dell'intero manga.
(VOTO: 7+ - Addio Noiosi Giorni di Scuola)

martedì 26 maggio 2020

Videogiochi Senza Rete: Nintendo Magazine e Telefono Magico

Parlando qualche giorno fa della mia nemesi dei videogiochi, "Another World", e ricordando al riguardo le difficoltà a cui noi videogamer di un tempo andavamo incontro, senza internet con le sue soluzioni, i suoi forum, i suoi video, mi è tornato alla mente il mitico "Nintendo Magazine", di cui dovrei avere ancora qualche copia sepolta chissà dove. Io ero iscritto al Club Nintendo nei primi anni '90, e in effetti qualche aiuto me lo diede. Se non ricordo male a fine rivista c'era la sezione dedicata ai lettori, in cui ci si scambiavano opinioni, consigli, soluzioni e indirizzi per iniziare corrispondenze. Gli indirizzi di posta, quelli a cui si inviavano lettere, imbustate, incollate e francobollate! E proprio grazie a una di queste corrispondenze, mi pare, riuscii a superare un maledetto punto in cui ero rimasto bloccato per mesi, nel videogioco per NES "Mission: Impossible", di cui magari parlerò più in là. E quella corrispondenza, a distanza di anni, mi ha ritrovato qualche tempo fa su Facebook; entrambi conserviamo ancora le missive!
Un altro aiuto antidiluviano era il numero di telefono a cui chiamare: ti rispondeva un esperto, gli spiegavi il problema, e lui ti dava la soluzione. Io ho chiamato quel numero soltanto una volta, impantanato (ma allora ero davvero recidivo, a quanto pare!) in uno dei giochi che più mi ha appassionato in assoluto: Mystic Quest per Game Boy. Niente... non riuscivo proprio a capire cosa volesse spiegarmi il tizio in lingua inglese, visto che mi parlava (vocabolario alla mano!) di 8 e Alberi di Palma. E allora, spiegato il problema all'espertone, ecco che magicamente, in maniera del tutto naturale, mi spiegò che bastava girare intono a 2 palme in un determinato punto, formando un 8.  Quadernone alla mano, cornetta tra spalla e orecchio, appuntai tutto, ringraziai il tipo come se fosse un Dio, mi precipitai ad accendere il mio Game Boy e... Magia! Si aprì una grotta, e via... verso il successo. Un videogioco, Mystic Quest, che riuscii a completare con enorme fatica ma anche grande, grandissima soddisfazione. E sì... parlerò anche di questo videogame, perché mi ha fatto penare tanto, ed è stato anche l'artefice di una grande litigata con un ragazzino a cui l'avevo prestato. E che colonna sonora!
Insomma, questa era la mia vita da videogiocatore seriale. E sì, credo di poterlo dire: io non videogiocavo... videogiocavo forte!

lunedì 25 maggio 2020

L'Uomo e l'Isola (Episodio #006 - Macchie Buie nella Notte)


EPISODIO #006 - Macchie Buie nella Notte

Cos'era successo? Possibile che fosse stato lì, fermo a fissare quella grotta per ore? Possibile che quel buio al suo interno lo avesse attirato, ipnotizzato fino al punto da fargli perdere il contatto con la realtà e farlo tornare in sé soltanto a notte inoltrata?
Si asciugò le lacrime dal viso. Lacrime fredde di paura, di terrore, di smarrimento. E la paura, il terrore, lo smarrimento, non lo avevano ancora abbandonato.
«Mio dio...», esclamò nel silenzio assoluto di quella notte arrivata troppo presto, in un attimo. Deglutì con difficoltà, tanto da avvertire male alla gola. Gola secca. Da quanto non beveva?
Ore.
Da quando, in pratica, si era perso fissando il buio dentro, oltre quella grotta.
Rabbrividendo, quasi gli venne voglia di tornare a piangere. Era notte. Era davvero notte, e se ne stava lì, nel bosco, lontano dal suo rifugio.
«Wilson?», sussurrò.
Ma Wilson era lontano, Wilson era nel suo rifugio. Wilson, in quel momento, non era più nella sua testa.
A dire il vero non c'è mai stato..., pensò, cercando di tornare lucido. E doveva tornarlo al più presto, perché doveva decidere cosa fare: tornare di corsa al rifugio, prima che arrivassero le urla, o continuare verso la cima?
Quella domanda gli sembrò stupida, banale. Doveva tornare al rifugio, abbandonare quel maledetto posto pieno di buchi e tornare alla capanna. Tornare da Wilson.
Nonostante fosse notte, la luce della Luna piena, comunque filtrata dai rami e dalle foglie degli alberi, rendeva il paesaggio visibile, e per certi versi spettrale. Riusciva a distinguere la grotta esattamente davanti a lui, quell'entrata scura in quel momento ancor più scura, che quel pomeriggio lo aveva rapito, assorbito, stordito. E quel buio all'interno di essa era così netto, così visibile... tanto che sembrava quasi stonare con il buio naturale della notte. Quel buio, all'interno di quella grotta, sembrava infatti una cosa a parte, un buio diverso, un buio vivo... un buio che non c'entrava niente con la notte, che non c'entrava niente con... niente.
Cercò di allontanare quei terribili pensieri dalla sua testa, distogliendo lo sguardo dalla grotta.
E se ciò che ti è accaduto fosse accaduto non poche ore fa, ma... tante ore fa? Se davanti a questa grotta non ti fossi perso questo pomeriggio, ma... diversi pomeriggi fa?
Quel nuovo pensiero gli piombò addosso come un macigno. Rabbrividì ancora una volta. Si sentì ancora più spaesato e spaventato. Si guardò intorno, stando attento al minimo movimento, al minimo cambiamento. Tutto sembrava tacere. Tutto sembrava immobile. Diede uno sguardo alla Luna, alta. Troppo alta. Mancava dunque ancora parecchio tempo prima che calasse verso il mare, e lasciasse così il posto nel cielo al Sole e alla luce di un nuovo giorno. Di chissà quale giorno.
Saresti morto di sete, imbecille. Saresti morto disidratato se avessi trascorso più di un giorno qui davanti alla grotta a fare la bella statuina..., gli venne in soccorso la voce di Wilson. Finalmente.
Si sentì un po' meglio. Ma doveva scappare. Al diavolo la cima, al diavolo l'Isola, al diavolo tutto.
Ci tieni proprio a vivere, eh? E menomale che volevi impiccarti...
La voce di Wilson era tornata quella di sempre. Avrebbe voluto rispondergli a voce alta, ma non osò. Non voleva farsi sentire, non voleva svegliare... cose. Non voleva che arrivassero le urla.

venerdì 22 maggio 2020

H.P. Lovecraft - Cthulhu: I Racconti del Mito

I racconti di Lovercraft mi hanno aiutato molto a passare i lunghi (ma non quanto un tempo!) giorni del mio militare. All'epoca avevo già letto qualcosa dello Scrittore di Providence, e in uno dei pomeriggi di libera uscita, uno dei tanti passati tra le librerie della Stazione Termini e quelle nei dintorni, m'imbattei in dei simpatici volumi dalle copertine nere con disegni di diverse varianti colorate, che mi annunciavano "Tutti i Racconti" divisi in periodi di tempo. E così, da quel primo volume "1897-1922", cominciò ufficialmente il mio amore per H.P. Lovecraft.
A distanza di anni, continuo a interessarmi a qualsiasi nuova uscita che riguarda lo Scrittore, tra cui tutte le edizioni a lui dedicate nella collana Oscar Draghi. E il primo di cui voglio parlare è "Cthulhu: I Racconti del Mito", che contiene alcuni tra i racconti più famosi di Lovecraft, centrati sul culto di Cthulhu e dei Grandi Antichi, e che quindi penso possa essere il libro ideale per avvicinarsi alla narrativa mitica di Lovecraft. Bella l'edizione del librone (comunque uno dei meno corposi dei Draghi), con i bordi delle pagine neri, con all'interno diverse illustrazioni dei vari (quasi) indescrivibili "Orrori" Lovecraftiani, e con una copertina che, come quasi tutte quelle degli Oscar Draghi, è davvero bella. Unico appunto: prestate attenzione alle parti argentate... potrebbero rovinarsi se sfregate.
Passiamo però al contenuto, a cui mi limiterò ad aggiungere qualche nota:

mercoledì 20 maggio 2020

I miei LUNEDIFILM

Stasera avevo voglia di vedere un film. E allora via col catalogo Netflix, e poi con quello Amazon.  Un elenco lungo, lunghissimo, interminabile. Uno sfogliare continuo, che spesso, come stasera, mi fa perdere più tempo di quello che avrei perso scegliendone uno a caso per poi guardarlo dall'inizio alla fine. Quanti film, quanta scelta, quanta disponibilità...
Mentre riflettevo su questo mi è tornato alla mente il periodo in cui da bambino ho cominciato ad avvicinarmi al "Mondo dei Film". Un Mondo per me tutto da scoprire, da esplorare, misterioso, affascinante. Un Mondo che per me coincideva con un particolare giorno della settimana, che non ti lasciava spazio alla scelta, ma che andava bene comunque. Perché un film era un film, e che fosse "Indiana Jones" o "Via col Vento", io il lunedì sera, programmi televisivi dei genitori permettendo, mi piazzavo davanti alla TV e...
Che tempi, ragazzi... che tempi!

lunedì 18 maggio 2020

L'Isola dei Cani (2018)

Cosa accadrebbe se l'esteta Wes Anderson incontrasse il ricco mondo giapponese? La risposta è "L'Isola de Cani".
Il film, girato in una straordinaria, bellissima e coloratissima animazione stop-motion, intervallata da parti disegnate altrettanto belle, ci porta nella città di Megasaki, dove tutti i cani vengono esiliati su un'isola-discarica per colpa di una pericolosa influenza canina. Il giovane Atari, nipote del cattivissimo sindaco Kobayashi, parte però da solo alla ricerca del suo amato cane, Spots. E una volta giunto sull'Isola, partirà la sua avventura, che si rivelerà tutt'altro che semplice...
Il film, al di là del messaggio che vuole far passare, è una vera e propria delizia visiva. Splendido anche il modo in cui il tutto viene raccontato, attraverso doppiaggi in tempo reale di giornalisti che raccontano decreti e decisioni del sindaco (con l'inquietante presenza del Maggior Domo), e sprazzi di comprensione da parte dei cani riguardo le parole dei loro padroni umani. Il tutto arricchito da dialoghi canini tanto profondi (quello tra Chief Nutmeg è spettacolare) quanto, proprio per questo, divertenti. 
Come si risolverà la questione? I poveri cani torneranno in città? Atari ritroverà il suo amato Spots?
Per scoprirlo, non ci resta che arrivare fino al pirotecnico finale, che ci regalerà pure un bel colpo di scena. 
(VOTO: 8 - Viva i Cani)

domenica 17 maggio 2020

L'Uomo e l'Isola (Episodio #005 - Piangi pure)


EPISODIO #005 - Piangi pure

Il fitto bosco, la vegetazione rigogliosa, e quelle scure aperture, quelle oscure grotte. Quanto mancava alla cima? E perché continuava a perdere tempo restandosene lì, fermo?
In quel momento si aspettò che nella sua testa tornasse la beffarda voce di Wilson, a schernirlo, a fargli notare che, se continuava a starsene fermo, sarebbe arrivata la notte. E con essa le urla. E con essa, in quel posto, lontano dal suo rifugio, la fonte delle urla.
Ma la voce di Wilson non arrivò. Quei pensieri erano i suoi, i suoi soltanto.
«Bravo Wilson, continua a tacere», esclamò l'uomo continuando a guardare davanti a sé, verso il bosco che saliva, là verso la cima, tra alberi, erba e buche.
Grotte, si corresse mentalmente. Sono grotte.
Sì, era sicuro che si trattasse di grotte. Se le immaginò addirittura collegate tra loro, in un labirinto intricato nelle viscere dell'Isola.
Quanta fantasia...
«Sono soltanto grotte. Semplici, naturali grotte», esclamò, come per tornare con i piedi per terra; anche se la terra che aveva sotto i piedi in quel momento non gli aveva mai regalato sicurezza in tutto quel tempo passato lì.
Anche quelle piccole?, gli chiese ancora una voce nella testa. Anche quelle piccole sono... grotte?
«Anche quelle piccole», rispose ad alta voce. «Lì si rifugiano lepri e altri piccoli animali.»
E in quelle grosse? Cosa si rifugia in quelle grosse?, gli chiese un'altra voce nella testa.
«Ti ho detto di far silenzio», intimò all'assente bamboccio che era rimasto nel suo rifugio. Osservò le scure grotte più grandi, gli scuri alveoli di quell'enorme alveare nel terreno. Sì... da una delle più piccole era venuta fuori una lepre, correndo; e spaventandolo. Cosa poteva uscirne, dunque, da una più grande? Cosa poteva uscire, magari, da quella che se ne stava proprio lì a qualche passo da lui?
All'improvviso sentì il bisogno di
(scappare)
muoversi, per allontanarsi da quella grande caverna che gli era vicina. Ma continuando a salire, sarebbe passato inevitabilmente vicino ad altre grotte simili, o addirittura più grandi.
Ci ho visto dentro, ecco... ci sto guardando dentro anche adesso, in quella cazzo di grotta, e non c'è nulla... niente di niente, cercò di tranquillizzarsi col pensiero.
E in effetti sembrava non esserci nulla. Sembrava. Perché quella grotta, quella a pochi passi da lui, era profonda, e la luce non riusciva ad arrivare fino in fondo. E lì, sul fondo, forse...
Scacciò ogni altro suo pensiero, e riprese a camminare, zaino in spalla, verso la cima. Non poteva essere tanto distante, ed era sicuro di poterla raggiungere prima che facesse buio.
E poi?, tornò la voce di Wilson.
«E poi si vedrà», gli rispose, come se non gli avesse mai ordinato di starsene zitta.

venerdì 15 maggio 2020

Videogiochi Senza Rete: Another World (1991)

Dopo aver visto ultimamente "Hi Score Girl", mi è venuta voglia di andare a curiosare un po' tra i miei videogiochi preferiti degli Anni '90, tra Sale Giochi, Floppy Disk, CD-ROM e Console. E uno dei tanti videogames che subito mi è tornato in mente, è "Another World". Perché? Perché ne ho un ricordo terribile...
Nonostante mi avesse subito conquistato per l'atmosfera cupa e fantascientifica, dopo pochi minuti, però, mi ritrovai già bloccato. E a quei tempi, senza internet (almeno per me), senza avere la possibilità di cercare questa o quella soluzione, ci si bloccava per davvero. E allora...
E allora eccola, la bestia. Eccolo il punto in cui il mio gioco si fermava. Mio dio... quante imprecazioni. Le provavo davvero tutte per uccidere questo bestione, ma niente... venivo sempre, inevitabilmente, tristemente squartato. 
Game Over
E si ricominciava. E arrivava di nuovo 'sto bestione nero a massacrarmi. E massacrarmi ancora. A saperlo che per eliminarlo avrei dovuto battere in ritirata... e invece niente, continuavo imperterrito ad affrontarlo, spavaldo, senza paura. 
E continuavo a morire.
La cosa più triste di tutta questa mia esperienza, però, è il fatto che mi trovavo ancora a inizio gioco. Anzi, diciamo nell'introduzione del gioco. Che tristezza profonda, ricordando questo episodio...

giovedì 14 maggio 2020

The Lighthouse (2019)

Ho aspettato invano l'arrivo di "The Lighthouse" nei cinema italiani, e dopo l'uscita in DVD, e la situazione pandemica attuale, ho ben capito che quell'arrivo non ci sarebbe stato. E allora via con la visione casalinga di uno dei film che, fin dal lancio del primo trailer, attendevo di più.
La seconda opera di Robert Eggers, di cui mi era già piaciuta tantissimo la prima, "The Witch", non delude affatto, e per quanto mi riguarda il regista statunitense quindi riesce a fare due su due. Un film, questo Faro, girato completamente in bianco e nero, che per la storia narrata è una scelta del tutto azzeccata. Come risulta azzeccato anche il formato in 35mm. Ma di cosa parla questo film?
Due uomini, il vecchio custode stagionale del faro Thomas Wake e il suo giovane assistente Ephraim Winslow, si ritrovano ad affrontare per quattro settimane il loro turno su un'isola sperduta. Questo breve soggiorno, però, si trasformerà presto, soprattutto per Ephraim, in una convivenza molto difficile, costellata da litigi, visioni, lavori pesanti e... un'attesa più lunga del previsto. Anche in questo film, quindi, Eggers affronta il tema della follia da solitudine, così come in The Witch, dove a isolarsi era stata un'intera famiglia. Al contrario di quest'ultimo, però, The Lighthouse pecca proprio nella parte "sovrannaturale", se proprio vogliamo trovarcene una. Argomento forse soltanto toccato, e per questo a mio parere paradossalmente sovraesposto in maniera esagerata. Il resto del film, però, mi è piaciuto parecchio, a cominciare dalle belle prove dei due attori; e se Willem Dafoe non aveva bisogno di conferme, particolarmente piacevole è stata quella di Robert Pattinson, sempre più lontano (per fortuna) da quel pallido (in tutti i sensi) ruolo che tanto lo ha segnato.

martedì 12 maggio 2020

The Americans (Stagioni 1-6)

Tra le tante Serie TV che ho visto e apprezzato, "The Americans" è una di quelle a cui sono più affezionato. Ambientata negli USA nel periodo della Guerra Fredda, la storia ci narra le vicende della famiglia americana Jennings, composta da Philip, Elizabeth, e i loro due figli Paige ed Henry. In realtà, però, Philip ed Elizabeth sono due agenti segreti del KGB, nati, cresciuti e addestrati nell'Unione Sovietica, e spediti quindici anni prima negli Stati Uniti per spaccarsi come, appunto, una tranquilla coppia americana. Anche il loro matrimonio, dunque, è di copertura, ma col passare degli anni il loro rapporto si fortifica pure a livello sentimentale, aiutato anche dall'arrivo dei loro due figli (ovviamente ignari). Ma a complicare la loro vita da spie, ecco un evento non previsto: l'arrivo di un nuovo vicino di casa, Stan Beeman, agente dell'FBI che indaga proprio sulle spie del Direttorato "S".

lunedì 11 maggio 2020

Bastarda Indignazione

Ho perso talmente tanta fiducia nei confronti della mia specie, che ultimamente parlo davvero poco di attualità, politica, società. E pensare che fino a qualche anno fa ero un vero e proprio attivista, di quelli scassapalle. Oggi sono ancora fortemente schierato come allora, ma decisamente disincantato. Non riesco però a tacere sulla questione del giorno: rimarcando quella perdita di fiducia di cui parlo a inizio post, mi sono chiesto per l'ennesima volta che razza di mondo è mai questo. Un mondo in cui ci si riesce a indignare addirittura per la liberazione, ripeto, liberazione di una ragazza che era stata rapita mentre si trovava a fare del volontariato, ripeto, volontariato in Africa. Che razza di gente può arrivare a tanto? Come si può arrivare a imbastardirsi a un tale livello? Eppure, di simil bastardi, ce ne sono. Ce ne sono eccome. Tanto che, nel mio (ridicolo) piccolo, ho sentito il forte bisogno di invitare le "amicizie" che ho sui Social a eliminarmi dalla loro lista nel caso fossero anche loro tra gli "indignati". Anche se dubito fortemente possano avere la dignità per farlo.
Ma riprendendo un mio post su Facebook, a questa gentaglia che si chiede sarcasticamente o indignatamente quanto abbia sborsato il governo per liberare Silvia Romano, vorrei porre questa semplice domanda: cosa avreste fatto voi paladini della Corte dei Conti per far sì che il governo italiano sborsasse qualsiasi cifra per salvare una vostra figlia, sorella, fidanzata, moglie, madre in una situazione identica? Ecco, vorrei chiedervi soltanto questo. Perché io, al di là del motivo per il quale una persona a me cara si fosse recata in un qualsiasi posto del pianeta Terra, sarei stato pronto a incatenarmi giorno e notte sotto la sede del mio governo per far sì che questo pagasse qualsiasi richiesta di riscatto per liberarla. Figuriamoci se, quella persona cara, in un posto del genere ci si fosse recata per fare del bene...
Per non parlare, poi, dei soliti noti giornali che stamattina hanno aperto così:
Sì, avete letto bene.
Fate schifo. Fate davvero schifo. E non meritereste neanche la mia, di indignazione. Ma, perdonatemi, la mia è dettata da qualcosa che a voi, a quanto pare, è sconosciuta: l'umanità. 
Buona rabbia a voi. E buona gioia a noi: bentornata Silvia!

domenica 10 maggio 2020

Le Canzoni della Sera (Volume 16)

E dopo aver superato quota 365, ovvero un anno di "Canzoni della Sera", tocchiamo adesso quota 400.
Stavolta non parto con gli italiani, ma proprio dall'inizio, con la straordinaria "Hey Joe" dello straordinario Jimi Hendrix. Altri pezzi intramontabili sono senza ombra di dubbio l'intensa "Brothers in Arms" dei Dire Straits, così come l'altrettanto intesa "Kashmir", pezzone stratosferico dei Led Zeppelin. E si continua con la storia del Rock, quello Hard degli AC/DC, con "Back in Black", per poi passare al fischio del vento del cambiamento degli Scorpions, con la bellissima "Wind of Change". Altri classici ne abbiamo? Beh... ci sarebbero anche "Born to be Wild" degli Steppenwolf e "Behind Blue Eyes" degli Who; fate un po' voi. E nei classici, ormai, direi di poter quasi inserire anche la "Paranoid Android" dei Radiohead. Altri grandi artisti che amo, ma con pezzi più recenti, sono i Deep Purple con "Throw My Bones" (molto interessante) che anticipa l'uscita del loro nuovo disco a giungo, e i Bon Jovi con "Limitless", anche questo ad anticipare il prossimo album in uscita a giorni. 
Musica nostrana: "Il Ballo di San Vito" di Vinicio Capossela, uno degli artisti più particolari e folcloristici che abbiamo; "Il Mondo di Prima" dei Tre Allegri Ragazzi Morti, che in un periodo come questo... sì, direi di rimpiangerlo eccome; "I Campi di Aprile" di Luciano Ligabue, per festeggiare il 25 aprile, e ricordare chi ci ha permesso di ritrovarci qui, oggi, anche a scrivere di stronzate; "È Festa" della PFM, uno dei gruppi italiani più internazionali in assoluto, tanto che questa canzone esiste in due versioni: quella italiana, qui pubblicata, e quella in inglese, "Celebration". Chiudono la banda degli italiani I Camillas, sicuramente meno conosciuti degli altri, che con "La Canzone del Pane" ho voluto ricordare Mirko «Zagor» Bertuccioli, cantante e tastierista scomparso a soli 46 anni per colpa di questo maledetto Coronavirus. Davvero un gran peccato...
E a Mirko, dunque, è dedicato questo 16° Volume delle mie Canzoni della Sera, che si chiude con la Numero 400, che vede protagonisti i miei amati Iron Maiden con una delle canzoni più belle del periodo Bayley (e non solo): "The Clansman".
Il resto, come sempre, è tutto da ascoltare.
Buone vibrazioni.

#376 Jimi Hendrix - Hey Joe (10-apr-20)
#377 Twin Atlantic - Barcelona (11-apr-20)
#378 Nathaniel Rateliff - And It's Still Alright (12-apr-20)
#379 Vinicio Capossela - Il ballo di San Vito (13-apr-20)
#380 I Camillas - La canzone del pane (14-apr-20)
#381 Dire Straits - Brothers In Arms (15-apr-20)
#382 Peter Schilling - Major Tom (Coming Home) (16-apr-20)
#383 Led Zeppelin - Kashmir (17-apr-20)
#384 Destroyer - Cue Synthesizer (18-apr-20)
#385 Papa Roach - HELP (19-apr-20)
#386 Tre Allegri Ragazzi Morti - Il mondo prima (20-apr-20)
#387 AC/DC - Back In Black (21-apr-20)
#388 Tuk Smith & The Restless Hearts - Lookin' For Love, Ready For War (22-apr-20)
#389 Deep Purple - Throw My Bones (23-apr-20)
#390 Steppenwolf - Born To Be Wild (24-apr-20)
#391 Ligabue - I Campi in Aprile (25-apr-20)
#392 Curtis Stigers & The Forest Rangers - John The Revelator (26-apr-20)
#393 Slayer - Bloodline (27-apr-20)
#394 Scorpions - Wind Of Change (28-apr-20)
#395 Bon Jovi - Limitless (29-apr-20)
#396 PFM - È Festa (30-apr-20)
#397 Richard Thompson - Dad's Gonna Kill Me (01-mag-20)
#398 The Who - Behind Blue Eyes (02-mag-20)
#399 Radiohead - Paranoid Android (03-mag-20)
#400 Iron Maiden - The Clansman (04-mag-20)

sabato 9 maggio 2020

L'Uomo e l'Isola (Episodio #004 - Come un Alveare)


EPISODIO #004 - Come un Alveare

Era passata un'altra notte. Un'altra notte di silenzio intervallato da urla, da grida. Da chissà cosa.
L'uomo uscì dalla sua capanna e stette per qualche minuto a osservare il mare, calmo, immenso.
«Che ti avevo detto?», esclamò all'improvviso. Non rivolto al mare, no, ma al pupazzo di paglia, legno, cocchi e conchiglie che se n'era rimasto nella capanna. «Oggi non pioverà.»
Il cielo era azzurro, limpido. Il sole, in quel momento della giornata dietro la piccola montagna alle sue spalle, illuminava sicuro il nuovo giorno da poco iniziato. «E a proposito», aggiunse, girandosi verso l'interno della sua capanna, osservando Wilson: «Buongiorno.»
Wilson non rispose al suo saluto. Come sempre.
Buongiorno, pensò l'uomo.
Ecco, aveva risposto. Quello non era il suo pensiero, ma quello di Wilson.
«Sì, buongiorno a te», esclamò ancora, sorridendo.
Rientrò nella sua capanna e bevve un sorso d'acqua da quella sorta di brocca che era riuscito a intagliarsi da quel pezzo di legno trovato in spiaggia tempo prima. Si sedette, dando le spalle a Wilson. Osservò il tavolo con sopra il grosso coltello. Poi, più in là, sull'altra sedia, lo zaino. Il suo zaino da escursioni, o meglio, da promesse escursioni, perché, da quando lo aveva comprato, anni e anni prima, di escursioni non ne aveva mai fatte.
Più escursione di questa..., gli rinfacciò una voce nella testa. La sua voce. O quella di Wilson.
Già, più escursione di quella...
Ma come si era ritrovato lì con sé quello zaino? Com'era stato possibile che, risvegliatosi, chissà quanto tempo prima, su quella spiaggia, in quella prima sera di terrore, di orrore, di spaesamento, si fosse ritrovato con quello zaino accanto?
«Sai Wilson, più passa il tempo più credo che su quest'Isola non ci sia capitato per caso», esclamò rivolto al pupazzo, alle sue spalle.
Ma riflettici, amico: magari quello zaino invece potrebbe essere la prova che tu sei finito qui proprio per caso..., si rispose mentalmente, immaginandosi quella risposta con una voce fanciullesca,  gracchiante, immaginandosi quella risposta con la voce di Wilson.
«Ah sì? E perché mai? Ritrovarmi su quella maledetta spiaggia in compagnia di uno zaino con all'interno un coltello e dei viveri, non so a te, ma a me fa pensare proprio a quello: non un caso. Qualcuno mi ha spedito qui, forse dopo avermi drogato pesantemente, lasciandomi uno zaino e un coltello per... per sopravvivere.»
Wilson gli rise alle spalle. Anzi, in testa.
«Ti sembra divertente?»
No... ma se qualcuno avesse avuto intenzione di farti sopravvivere in questo posto, avrebbe dovuto lasciarti ben più di uno zaino, un coltello, una borraccia e quattro panini. Non credi?, si rispose. Stavolta era stato proprio lui a chiederselo, e nessun altro. Nessun pupazzo di paglia e legnetti.
«E allora?»
E allora, magari..., la voce di Wilson tornò nella sua testa. Magari eri davvero in escursione. Magari ti eri convinto a prendere un aereo e abbandonare tutto e tutti, e tuffarti in un'avventura, che ne so, in qualche posto sperduto. E alla fine... boom, un incidente, o qualcosa del genere. Ed eccoti qui, su quest'Isola, con lo zaino che ti eri portato per quella nuova avventura, quel colpo di testa...
L'uomo sorrise. «Gran bell'ipotesi del cazzo, Wilson. Partire per un'avventura, da solo su un aereo, con soltanto uno zaino sulle spalle...»
Ma certo che no, coglione. Probabilmente non eri solo. E avevi valigie e attrezzature varie, ma sulle spalle, stretto a te, soltanto uno zaino..., si rispose con la sua voce.
«E il resto? Le valigie? Le attrezzature? Gli... altri
In mare? Magari in mare? Magari meno fortunati di te? A volte dovresti prenderti a schiaffi per quanto sei stupido e poco sveglio.
«Puttanate.» L'uomo si girò verso Wilson. «Non si sopravvive a un incidente aereo del genere. Non siamo in un film o un telefilm...» Come si chiamava quella Serie TV che aveva soltanto intravisto qualche volta? Quella che parlava di naufraghi su un'Isola misteriosa? Lost. Sì, forse si chiamava Lost. «Non siamo in Lost
E allora fottiti. Pensa quello che vuoi. Fatto sta che ti sei ritrovato in questo posto senza sapere come e perché, e senza ricordarti nulla del tuo recente passato. Sì, amico, fottiti. Io per oggi ho chiuso. 
L'uomo strinse forte i pugni e digrignò i denti. Si rese conto di essere sul punto di esplodere, come tempo prima, come quando aveva quasi del tutto distrutto Wilson. Cercò di calmarsi.
«Fottiti tu, Wilson», si limitò a dire, alzandosi. Raccolse lo zaino e ci infilò dentro il coltello. Poi ci ficcò anche due pietre focaie, mezzo cocco, radici commestibili e qualche bacca. Vi inserì anche la borraccia, quella che aveva trovato nello zaino la prima volta che si era risvegliato su quella stramaledetta Isola.
Finalmente si parte, eh?, gli chiese la voce del manichino all'interno della sua testa.
«Che ti avevo detto? Certo che si parte. Non ho paura di ciò che troverò lassù.»
Wilson restò come sempre impassibile, immobile, a osservarlo.
«Al mio ritorno ti farò una bocca.»
Si mise lo zaino in spalla e uscì dalla capanna. Stavolta non guardò il mare, ma s'incamminò direttamente verso l'intricata boscaglia dell'entroterra, come per non farsi venire dubbi, pensieri, ripensamenti. I suoi piedi toccarono erba, sassi, ramoscelli. Si fermò. Dall'interno della capanna gli sembrò di udire una risata.
«Fottiti ancora, Wilson», esclamò. E s'incamminò nel bosco.

venerdì 8 maggio 2020

Mindhunter (Stagioni 1 e 2)

Come nasce lo studio dei Serial Killer? Com'è nata la figura del Profiler? "Mindhunter" è una bella Serie di 2 Stagioni (per ora) che, ambientata tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80, ci mostra proprio come sono nate le figure del Serial Killer e di chi li caccia, in una interessante rassegna di criminali, che impareremo a conoscere meglio grazie alle interviste dei due Agenti protagonisti della Serie.
Il giovane Holden Ford e il più esperto Bill Tench, quindi, collaboreranno insieme alla professoressa Wendy Carr (Anna Torv, l'indimenticabile Olivia Dunham di Fringe), per far sì che venga sviluppato lo studio di una nuova tipologia di assassino: il Serial Killer. Ci sarà dunque qualche caratteristica ricorrente, qualche tratto distintivo, qualche trauma fisso nella vita di questi criminali seriali? Se così fosse, ovviamente, questa scoperta potrebbe aiutare, e non poco, la ricerca e l'identificazioni di nuovi assassini seriali. Tra un'intervista e l'altra, di certo non facili, nelle carceri di massima sicurezza dove sono rinchiusi questi oscuri personaggi, i due Agenti incontreranno non poche difficoltà per far sì che il loro lavoro possa essere valorizzato e preso sul serio. Sullo sfondo, una serie di omicidi riguardanti bambini afroamericani, che ovviamente i due cercheranno di fermare, e la misteriosa genesi di un nuovo misterioso Serial Killer. 
Tutti i criminali presenti nella Serie, come Charles Manson (che troviamo nella Seconda Stagione), sono Serial Killer realmente esistiti ed esistenti. Ecco perché la storia è ancora più interessante.
(VOTO: 8 - Genesi del Male)

giovedì 7 maggio 2020

Ray Bradbury - Halloween

È davvero una gran bella Edizione quella degli Oscar Draghi dedicata a Ray Bradbury, "Halloween". All'interno del volume (troverete qualche foto in fondo al post), illustrati da Joseph Mugnaini a inizio di ognuno di essi, troviamo innanzitutto quattro romanzi brevi: "Il Popolo dell'Autunno", "L'Albero di Halloween", "Il Cimitero dei Folli" e "Ritornati dalla Polvere". E tutte queste storie hanno a che fare, così come anticipa il titolo, con la Festa dei Morti di fine ottobre, così come tanti dei 30 racconti che seguiranno nella seconda parte.
Ma prima di passare alle storie contenute nel libro, sento di dover spendere due parole per la copertina, perché, oltre a una scelta di colori e disegni azzeccati per il tema, ha una splendida particolarità: di notte, dopo aver letto questo o quel racconto alla luce di una lampada, chiuso il libro e posato sul nostro bel comodino, una volta spente le luci questo è quello che ci apparirà nel buio della nostra stanza... 
E se l'avessimo posato a faccia in giù, invece, nessun problema, anzi...
Fosforescente anche l'omino Oscar del dorso, ovviamente a tema anch'esso, in modo da brillare anche in libreria. Davvero bellissimo!
Ma passiamo alle storie:

sabato 2 maggio 2020

Tre Manifesti a Ebbing, Missouri (2017)

Uno dei film più intensi degli ultimi anni è senza dubbio "Tre Manifesti a Ebbing, Missouri", di Martin McDonagh, un regista che ho già apprezzato molto in "In Bruges" e "7 Psicopatici". Al contrario di questi ultimi due, però, la sua ultima opera non ha personaggi così sopra le righe.
Il film parla della voglia di giustizia di una madre, caparbia, dura, decisa, che affittando tre grossi cartelloni pubblicitari lungo una strada, tra l'altro neanche tanto frequentata, scrive un messaggio in cui chiede, appunto, verità sul brutale omicidio di sua figlia, accusando la polizia locale, e soprattutto il capo, di non fare abbastanza per trovare il colpevole. Ma questa iniziativa non le porterà soltanto solidarietà...
Il film è dunque una vera e propria fotografia di una certa parte della grande e civilizzata America, che ancora oggi fa i conti con razzismo e soprusi di ogni genere, ai danni dei più deboli e delle minoranze. Gente che, di solito, ha poca voce. Una voce che grazie alla protagonista, una straordinaria Frances McDormand (premiata qui con l'Oscar come Migliore Attrice Protagonista, insieme a un altro attore sempre di questo film, l'altrettanto bravissimo Sam Rockwell, come Miglior Attore Non Protagonista), risuonerà forte e chiara. 
Se c'è un difetto che posso imputare al film di McDonagh è il finale: seppur non deludente, a mio parere, vista l'enorme forza del film fino a quel momento, avrebbe potuto dare molto di più. 
(VOTO: 7,5 - Sacrosanta Voglia di Verità)