Un horror-thriller orientale senza fantasmi. Questo è uno dei pochi pregi di questo film che, tra i tanti difetti, ci dà l'idea che in Corea fare il Serial Killer è estremamente semplice. Non che io conosca a fondo la cultura criminale del Paese, ma dubito fortemente si arrivi ai livelli mostrati nel film.
La storia di Black House è la storia di un assicuratore occhialuto e tranquillo, che ogni giorno fa i conti con la tragedia infantile del suicidio del fratellino. Ma il nostro protagonista ben presto si ritroverà di fronte a una tragedia presente: un padre chiede il pagamento del premio assicurativo dopo il suicidio del figlioletto, che appare palesemente un omicidio-truffa. Inoltre, una polizza da 300.000 dollari è stata stipulata sulla vita della moglie. Con un probabile, terribile omicidio, e un altro probabilmente in arrivo, lo scontro tra Juno (il nome dell'assicuratore) e l'inquietante cliente assumerà ben presto contorni sempre più definiti e sorprendenti (fino a un certo punto).
La parte noiosa si chiude qui. Inizia quindi quella dell'azione, della risoluzione del mistero. Ed è qui che, probabilmente, il film va a perdere ogni credibilità: troppe situazione assurde, alcune delle quali sarebbero sinceramente risolvibili anche dal più imbranato dei personaggi. Laddove non troviamo i classici cliché degli horror-thriller orientali (fantasmi, esseri soprannaturali, adolescenti urlanti e luccicanti), ne troviamo altri del cinema thriller in generale.
Tra i tanti risvolti prevedibili che si susseguono lungo il film (la Fiera delle Ingenuità), il finale li batte tutti, in un duello all'aria aperte di cui potevamo fare sicuramente a meno, con un'ultima scena praticamente senza senso.
(VOTO: 5 - Polizza Scaduta)
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