Ok, adoro Toni Servillo, e probabilmente un mezzo voto in più è dovuto anche a questo. "Gorbaciof", comunque, è un un bel film, fatto di pochi dialoghi, lunghi silenzi, qualche parola in cinese e qualcuna in napoletano. Il protagonista dell’opera è sicuramente, oltre all'ottimo (come sempre) Servillo, lo sfondo, il contesto. Pacileo, soprannominato Gorbaciof per la macchia sulla fronte, è un contabile del carcere, che si appropria spesso dei soldi della struttura per il suo vizio del gioco. Il poker illegale dietro le cucine di un ristorante cinese gli permetterà di conoscere la figlia del proprietario (un bravo e muto Hal Yamanouchi), la bella Lila (Mi Yang), e di instaurare un rapporto particolare con lei, fatto di silenzi, gesti, sguardi, passeggiate romantiche ed eroici interventi. Ma l’ambiente malsano nel quale si muove "Gorbaciof" non aiuta di certo lo sviluppo del loro rapporto, che verso la fine sembra avere una svolta.
Il finale può sembrare forse banale, ma è più che comprensibile, se ci si rifà proprio a quell'ambiente messo in mostra lungo tutto il film di Incerti; la violenza, la ferocia, e infine l’inevitabile stupidità che tutto domina. Certe cose sembrano non poter accadere perché troppo stupide, troppo sconsiderate. Ma guardando attraverso gli occhi di Gorbaciof, nel finale, tutto ci apparirà così com'è per davvero in certi ambienti: una realtà dettata da impulsi violenti, esaltati, senza alcuna logica se non quella oscura dell’accecata criminalità.
(VOTO 7 - Tigre contro Scimmie)
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