sabato 22 giugno 2019

Bird Box (2018)

Il problema di film come questo è sempre lo stesso: lo sviluppo. 
In "Bird Box" troviamo l'arrivo di misteriose Entità che, una volta palesatesi al povero sventurato, lo costringono a suicidarsi. Entità astratte, eteree, inizialmente invisibili, e quindi impossibili da evitare e...
Ah, no....
In effetti per sfuggire a queste creature basta chiudersi in casa. Sì, avete capito bene: rispettano la proprietà privata. Oppure non sono poi così terrificanti, così in gamba, visto che per tenerle fuori basta chiudersi una porta alle spalle. Anche senza un lucchetto.
Ecco. Superato il primo, grande, enorme problema di tenuta della storia (non ho letto il libro da cui è tratto il film, ma visto che sembra essergli abbastanza fedele, non credo che lo leggerò mai), ne arrivano altri che costringono lo spettatore a spegnere il cervello. Metterlo su OFF è l'unico modo per poter andare avanti, perché, come anticipato nella prima riga di questo post, è una gran figata presentare una storia in cui Creature Misteriose si aggirano per il mondo seminando una serie di suicidi di massa dopo averle appena intraviste... ma poi 'sta figata devi portarmela avanti e svilupparla in modo credibile. Cioè...


(SPOILER)



Io non amo gli spiegoni, anzi... ma a metà film avevo capito dove stava andando inevitabilmente a parare il film: lei trova il posto che doveva trovare, quello della salvezza, salandosi e salvando i bambini. E basta. Stop. Libera interpretazione su cosa siano le misteriose entità, su cosa vogliano, sul perché arrivino in un determinato momento. E ci starebbe, perché come detto non sono tra quelli che amano il tizio o la voce fuori campo che a fine film ti spiega tutto... a patto che la storia sia stata sviluppata in una certa maniera, ti abbia messo la giusta tensione, ti abbia avvolto completamente nel suo mistero. In "Bird Box" non c'è niente di tutto ciò. Assistiamo a una serie di scene inverosimili che per poco, davvero poco non stavano per farmi abbandonare il film. E al di là della debolezza narrativa già anticipata, in cui simili entità riescono a mietere vittime soltanto se viste all'esterno (basta infatti tappezzare di giornali i vetri di finestre o macchine), e il che già basterebbe, a mio parere, a bocciare la storia, ci sono degli espedienti narrativi buttati lì senza alcuna logica. Insomma... non si può guidare una macchina con i vetri oscurati soltanto attraverso le indicazioni di un navigatore, e arrivare alla meta attraversando strade abbandonate di fretta e furia, dunque piene di auto e ogni altro mezzo. Arrivare poi proprio davanti all'entrata della suddetta meta. Scendere bendati e... sì, arrivare alla porta, aprirla, entrare; stavolta senza navigatore, però. E il viaggio di ritorno? Dove lo mettiamo? Per non parlare del viaggio della protagonista (povera Sandra Bullock) con i due bimbi in una barchetta, alla cieca in un fiume... rapide comprese. Forse la povera Malorie Hayes era una skipper professionista, e non so voi... ma io su una barchetta in mezzo a un fiume sconosciuto, verso una meta sconosciuta, con rapide e massi, non mi ci vedrei tanto bene neanche con la vista a 10/10. E vogliamo poi concludere in bellezza? Ok. In barca, bendati, arriviamo a riva, quella riva, perché lì si sentono gli uccellini (è questo il segnale!)... e adesso? Sono a riva, bendato, ma il posto, la meta, è nel bosco, nell'entroterra. E quindi che diavolo faccio? Come diavolo ci arrivo? Ma semplice... ascoltando gli uccellini. Bendato. Attraverso un bosco con alberi, radici, fossi, discese, massi. Che non conosco. 
Ma la nostra protagonista vi arriva senza particolari problemi (arrivando persino direttamente alla porta!), senza un albero che sia un alberello a piantarlesi in faccia; ah, un paio di radici che la fanno inciampare almeno le becca.
E la meta? Qual è la meta? Un Istituto per non vedenti. Ovviamente. Dove ritrova pure la sua ginecologa. Scena davvero commovente.
Insomma, un filmetto per farti passare un paio d'ore a cervello spento, anzi bendato. La mia curiosità mi ha spinto ad arrivare fino in fondo, e me ne sono pentito. Come al solito.
Ultimo appunto. Così come in "A Quiet Place", che dire... in una ipotetica situazione del genere la domanda che mi faccio è sempre la stessa: ehm... che senso avrebbe andare avanti? Per quanto mi riguarda, mi impiccherei al primo ramo o gancio a portata di collo. Fine film.
(VOTO: 4 - A Cervello Bendato)

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