C'è stato un tempo in cui un Orco Verde si aggirava per le Terre Italiche seminando selfie e rimpatri. È stato un tempo buio, in cui l'Orco, che veniva dal profondo Nord, ai confini con l'Elvetia, Terra di Lingotti di Cioccolato custoditi nelle Banche degli Gnomi, dettava legge. Una legge imposta nonostante l'Orco avesse un suo pari, un Elfo Giallo proveniente dalle calde e assolate Terre di Partenope, e addirittura un Superiore, un Professorone di origini Daune. Una legge diventata ben presto puramente Orchica perché entrambi, chi troppo debole, chi troppo assonnato, nell'arco del loro Governo, pardon, del Governo dell'Orco, mai in grado di contrastarlo, diventando ben presto vittime sacrificali. E allora ecco che l'Orco, libero di scorrazzare per le spiagge e per le locande delle Italiche Lande, a suon di organetti, clavicembali e mandolini, circondato da danzanti cortigiane ignare e ignoranti, e accolto in ogni dove da folle festanti di beoni gretti e ruttanti, ben presto si è preso quasi l'intero Regno. E a nulla, a nulla son servite le sue possibili debolezze: gli averi segreti della Casata dell'Orco (si racconta di 49 barili d'oro) da cui proviene; l'accusa di sequestro di disperati provenienti dalle Desertiche Lande della Terra dei Mori fermi in mezzo al mare; i possibili contatti con loschi individui in Steppa Siberiana. A nulla. A nulla perché, tra gli sguardi sgomenti dei pochi Italici ancora attenti, l'Elfo Giallo e il Professorone Dauno si son prostrati all'Orco facendo finta di nulla. E allora, ancora, l'Orco Verde, in un impeto di delirio di onnipotenza, ha stracciato la Pergamena di Governo firmata con l'Elfo e il Professorone, partendo alla conquista delle Terre Italiche intere, senza Elfi, Professoroni o chicchessia tra i piedi, perché da buon Orco è cosa buona e giusta, lo giura su Madonne e Santini, aver pieni poteri per un decennio, ma sì, magari un ventennio.
Ma, si sa, a volte la brama di potere acceca i bramosi, e le bastonate violente svegliano i can che dormono beati.
C'è stato un tempo, fino a ieri, in cui un Orco Verde pensava di aver conquistato quello che si era prefissato di conquistare. Poi, come risvegliato da un sogno fatto di sì e signorsi, il Professorone Dauno ha sguainato la spada di fuoco gelosamente e segretamente custodita fino a quel momento, e sotto gli occhioni lucidi dell'Elfo Giallo ha provato a far a brandelli l'Orco, davanti a una folla divisa tra festanti e sgomenti.
Ma l'Orco Verde non è stato sconfitto. Battuto, bastonato, schiaffeggiato, umiliato, ma non sconfitto. E potrebbe riprendersi subito ciò che secondo lui gli spetta, perché, lo sappiamo tutti, la folla di beoni gretti e ruttanti è ancora là fuori, tra di noi, pronta a cavalcare l'onda della paura che l'Orco sa ben gettargli addosso, così come anche dopo il violento attacco del Professorone Dauno ha fatto.
Compatti, lucidi, attenti, noi veri popolani non dobbiamo concentrarci per sconfiggere l'Orco... ma l'orda affamata che si nutre delle paure che semina tra noi, e che noi per fortuna non divoriamo perché già sazi di sapere e di buon senso. Eccola, allora, la chiave: proviamo a sfamare l'orda col nostro cibo, e non con quello dell'Orco. Sempre che non abbiano il palato definitivamente guastato dall'amaro gusto della paura.
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