domenica 12 aprile 2020

L'Uomo e l'Isola (Episodio #001 - Far finta di non sentire)


EPISODIO #001 - Far finta di non sentire

Quando sei solo con te stesso, da tanto, troppo tempo, corri il rischio di dimenticare anche cose fondamentali. Come il tuo nome. In fondo, per quale motivo dovresti usarlo, quel nome?
L'uomo sentì l'acqua fredda bagnargli la punta dei piedi, proprio mentre rifletteva sul suo nome. Sì, lo ricordava ancora. Ma avrebbe mai avuto modo di risentirlo esclamato da qualcun altro? Di sentirsi chiamare, con quel nome? 
Davanti a lui una distesa infinita d'acqua grigia, come grigio era il cielo che dominava ogni cosa. Si toccò la barba, lunga, crespa. 
«Devo spuntarmela», esclamò al mare. 
Il mare sembrò rispondergli in qualche modo, toccandogli delicatamente i piedi con la sua acqua fredda. E l'uomo benedisse quell'acqua, quel freddo. Sì, il freddo, il caldo, il vento, la pioggia, erano ormai diventate le uniche cose che sembravano riuscire a farlo sentire vivo. Chiuse gli occhi, respirando a pieni polmoni. L'acqua continuava a bagnargli i piedi, arrivando così pian piano a coprirglieli completamente, nella sua danza lenta e ipnotica. E restò così, in silenzio, per minuti. 
Quando riaprì gli occhi notò subito un cambiamento dell'aria intorno, dell'atmosfera, dei colori. Soprattutto dei colori. Non più grigio, ma nero. La cupezza di quel posto in serate di cielo coperto come quella continuava a fargli tremare le vene, nonostante fosse passato ormai... quanto tempo? Da quanto tempo si trovava in quel posto?
«Giorni e giorni», esclamò, sperando di provare qualcosa. Anzi, di provare, di sentire una sola cosa: la verità.
Ma non era quella la verità. Perché la verità, quella cruda, quella senza appello, una volta che la si sentiva esclamata da se stessi o da altri ti faceva provare qualcosa, sentire qualcosa. Qualcosa di brutto, in casi come quello, ma pur sempre qualcosa.
«Mesi», provò allora. «Mesi e mesi.» E sentì qualcosa. Qualcosa.
Si schiarì la voce, come faceva quando, un tempo, un tempo lontano, forse tanto lontano (eccola quella strana sensazione che ti faceva provare la verità) si preparava a parlare per ore e ore davanti a qualcuno. «Anni», esclamò allora. «Anni e anni.»
Sentì un brivido. Poi quel brivido diventò qualcosa di più, dietro la schiena, su per la nuca, fino a scuoterlo del tutto. Eccola, la verità: Anni e anni.

Non può essere, pensò. Non esclamò quelle parole, ma le pensò soltanto. Probabilmente perché a quelle ultime tre parole pensate, al contrario di quelle pronunciate poco prima, non ci credeva davvero.
«Anni e anni...», pronunciò ancora. E ancora una volta fu scosso da un lungo brivido violento.
La verità, in fondo, è sempre stata qualcosa di terribile. Quante volte, per esempio, gli era balzato il cuore nel petto dopo aver chiesto a qualcuno "Dimmi la verità". La verità, buona o cattiva, spesso cattiva, o meglio giusta ma cattiva, è sempre stata qualcosa da far tremare le gambe. Sempre.
Si guardò intorno, respirando ancora una volta in maniera profonda, lenta, quasi ad assaporare ogni boccata d'aria, di ossigeno. Di verità. Eccola, la sua verità. Tutta intorno a lui. Tutta. A braccarlo, ad opprimerlo.
«Fanculo», esclamò alla verità. O a se stesso.
Tornò con gli occhi verso la distesa d'acqua oscura
(non scura, no... oscura era il termine giusto)
che aveva davanti, e in cui era immerso fino ai polpacci, e poi, girandosi, dandogli le spalle, facendo riemergere i suoi piedi callosi, si avviò verso la sua dimora, affondando nella sabbia ancora tiepida. Era sera. Era davvero sera. Possibile che si fosse addormentato in piedi? Che dopo aver chiuso gli occhi, tempo prima, molto prima, a quanto pareva, non fosse passato soltanto qualche minuto ma... forse un'ora? Due?
Scosse la testa.
Impossibile.
O forse no.
Ma, rifletté, non gliene fregava un cazzo. 
Arrivò alla sua capanna di legno e paglia e, prima di entrarvi, le udì. Come ogni sera da qualche giorno, ormai. O da qualche mese. Il tempo, semmai l'avesse avuto, sembrava aver perso senso in quel posto. 
Ma sono più vicine... stavolta le hai sentite più vicine..., gli sussurrò una voce nella testa.
Entrò dentro. Il cuore gli batteva forte. Forse stava per arrivare il momento in cui far finta di non sentire non sarebbe più servito a tener lontano quelle urla nella notte.

4 commenti:

  1. Uh, interessante!
    Vediamo cosa succede.
    Quanto ti ha ispirato la quarantena (e lo scenario apocalittico) per questo racconto di solitudine?^^

    Moz-

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  2. Ti dirò... è una storia che ho nel cassetto da un po' di tempo. Scenari apocalittici, di solitudine, inquietanti, sono il mio pane quotidiano. Anche quando mi trovo in spiaggia con un Mojito in mano :D

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  3. Beh, direi che qui la spiaggia c'è... e quindi è già un'ispirazione^^

    Moz-

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  4. Ah sicuramente... peccato che mancherà il Mojito. Forse. ;D

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