La Notte di Halloween c'eravamo lasciati in una villa abbandonata allestita a festa proprio per la magica ricorrenza. Lì, tra gli invitati, c'erano anche Mattia e Alessandra, che a dire il vero, almeno questa è stata la mia impressione, non si aspettavano di certo una festa così... particolare.
Bene, a distanza di due notti, come promesso, credo proprio che sia arrivato il momento di tornare nella Villa dalle Cento Stanze e dare un'occhiata a come se la sta cavando la bella coppietta. E se siete arrivati qui soltanto adesso, tornate indietro di un paio di giorni, anzi, di notti, e date un'occhiata qui.
Per tutti gli altri, ecco com'è andata a finire...
Guido Pacitto
FESTA IN MASCHERA (Parte II)
I due ragazzi si guardarono preoccupati. Intorno a loro gli invitati travestiti da zombie li osservavano con occhi scuri, completamente neri, come se la sclera non ci fosse.
Non sono lenti a contatto..., pensò Alessandra osservando quegli occhi bui e profondi. E quello sulle loro facce non è trucco..., aggiunse mentre aveva iniziato a indietreggiare senza neanche accorgersene. Ma lì, dietro di lei, altri invitati
(non)
travestiti da zombie erano pronti a impedirle una possibile fuga.
All'improvviso Mattia, come tornato alla realtà, destato da un sogno, un incubo a occhi aperti, con un sorriso forzato sulle labbra esclamò: – È uno scherzo? È tutto uno scherzo, questo, non è vero?
Di fianco a lui Alessandra gli afferrò un braccio e lo tirò verso di sé, come per cercare una protezione sulla quale, in fondo, sapeva di non poter contare.
– E cosa diavolo ti aspettavi? Musica latina e balli di gruppo? È una cazzo di festa di Halloween, Mattia, la più grande e credibile di tutti i tempi! – gli fece la strega lì a pochi passi da lui e la compagna, come per canzonarlo, come se avesse già sentito lui rivolgersi in quella maniera alla sua ragazza. Gli occhi viola della donna vestita da strega brillarono come di luce propria in uno scintillio tanto bello quanto impossibile.
E neanche quelle sono lenti a contatto..., pensò ancora Alessandra osservando quei meravigliosi e allo stesso tempo inquietanti occhi viola, sempre più nel panico.
– Mi... mi aspettavo... mi aspettavo una festa... – balbettò il ragazzo, all'apparenza più spaventato di Alessandra. Rivoli di sudore gli avevano solcato fronte e viso cancellandogli il trucco laddove il sudore passava lasciandosi dietro le tracce dell'orrore che stava provando in quel momento.
Gli invitati emisero un verso che forse voleva essere una risata; alle orecchie di Mattia e Alessandra, però, quel verso arrivò come un gorgoglio liquido, profondo. Sulle labbra viola, nere o verdastre di quella sorta di zombie erano evidenti macabri sorrisi di soddisfazione. Le loro lingue viola o nere, addirittura nere saettarono fuori quelle labbra e le leccarono, come per pregustarsi un pasto invitante e abbondante.
– E lo è, Mattia, per noi è una festa... cazzo se lo è... – rispose subito la strega allargando le braccia, come per invitare la schiera di invitati travestiti intorno a loro ad avanzare ancora di più.
E il gruppo di zombie avanzò, stringendoli, chiudendoli in una morsa sempre più stretta e sempre più asfissiante. L'odore che Alessandra aveva appena sentito sotto quello dolce dell'infermiera quando era entrata nella villa, le esplose in quel momento nelle narici e poi nel cervello: era odore di marcio, di putrido, di morte. E Alessandra cominciò a piangere, singhiozzando forte e sentendo il calore delle lacrime accarezzarle il bel viso. Anche il suo trucco, lungo i caldi rivoli delle sue lacrime, cominciò a sbavare e a colarle sulle guance, trasformandole l'iniziale maschera da zombie in quella più reale e tangibile di terrore.
Mattia cercò nonostante tutto di restare calmo, aggrappandosi ancora all'idea che tutto fosse uno scherzo, un terribile, riuscitissimo scherzo. Ma non ci riuscì. Sempre più nel panico, con Alessandra stretta al suo fianco, cercò di trovare parole che potessero in qualche maniera salvare la situazione. Salvare loro stessi.
– Chi... chi cazzo siete? Chi cazzo siete voi? – piagnucolò, invece, cercando di allontanare un paio di invitati mascherati che avevano cominciato a toccarlo divertiti, come per punzecchiarlo con le loro dita viola e scheletriche. Le loro unghie erano scheggiate e marce, come tutto il resto.
– Gente speciale che si diverte la notte della festa dedicata a esseri particolari come noi, senza nascondersi. Sì... almeno per una notte – ringhiò una tizia dai capelli neri arruffati truccata
(quello non è trucco...)
maledettamente bene. La sua voce era gutturale e liquida, come se in gola avesse
(sangue)
acqua stagnante, e la sua faccia sembrava realmente verde e piena di pustole; perché la sua faccia lo era per davvero. Con la sua mano dalla pelle violacea afferrò il collo di Alessandra e cominciò a stringere forte, come per strozzarla. Sulle labbra nere di quel mostro dalle sembianze umane si disegnò un sorriso che in quel momento Alessandra associò a quello della morte.
Mattia, in un impeto di rabbia e coraggio, si tuffò allora verso la zombie (o quello che diavolo era) e la allontanò dalla compagna con un forte spintone. La donna-zombie, lasciata la morsa sul collo della ragazza, piombò contro altri suoi compagni gridando qualcosa, o esibendosi soltanto in un verso di rabbia, mentre gli altri la tiravano su per rimetterla in piedi.
All'improvviso si sentì un battito di mani, una, due, tre volte. Quando la strega ricevette l'attenzione di tutti, Mattia e Alessandra compresi, adesso stretti in un forte abbraccio con le creature intorno, la donna dagli occhi viola sorrise ed esclamò, raggiante: – Buona cena, mie care creature. E ricordate: non litigate fra di voi per un pezzo di carne in più o in meno, perché fra poco più di mezz'ora ne arriveranno addirittura altri cinque. Cinque amici. E poi ancora altri. E altri ancora. Stanotte ce ne sarà per tutti, mie creature... e la notte è ancora lunga.
Proprio in quel momento, mentre quegli esseri che sembravano zombie – ma che forse erano qualcos’altro – avevano cominciato a spintonare Mattia e Alessandra cercando di decidere a chi spettassero i bocconi più prelibati come in una sorta di macabro gioco, la porta si spalancò e l’infermiera che li aveva accolti, con voce alta, anzi urlando, annunciò: – I cinque delle 22 sono in anticipo. Che faccio? Cosa diavolo faccio?!
– Oh, cazzo... – esclamò stizzita la strega. – Sugli inviti era specificata la massima puntualità, no?
L'infermiera le rispose con una semplice e imbarazzata alzata di spalle.
L'infermiera le rispose con una semplice e imbarazzata alzata di spalle.
Proprio in quel momento, mentre la strega imprecava e discuteva con uno dei Licantropi arrivati vicino a lei,
(Quello non è un costume... cristo santo, non è un costume..., pensò Mattia con raccapriccio osservando quella sorta di grosso lupo vestito con abiti strettissimi e strappati, e in piedi sulle zampe)
Alessandra vide letteralmente le creature
Alessandra vide letteralmente le creature
(siamo truccati... da loro. Ci hanno fatto truccare come questi mostri..., pensò in un lampo)
sbavare. Allo stesso tempo intravide un buco tra le gambe di uno di quei mostri e ci si tuffò, con la forza della disperazione. Pochi istanti e la mano di Mattia la afferrò e la portò via, verso l’infermiera, arrancando a fatica verso la porta. La ragazza in uniforme bianca macchiata di sangue si scostò emettendo un verso di disgusto; o forse sorpresa. Altri versi arrivarono dal gruppo di bestie che si stavano lasciando alle spalle, nella grande sala illuminata dalle candele. La strega imprecò e aggiunse qualcosa di incomprensibile, forse degli ordini impartiti alle creature ancora intorno a lei. I due ragazzi si ritrovarono così nel corridoio buio segnato dalle forme fosforescenti alle pareti. Pochi istanti ed ecco la porta che dava all’esterno. Alessandra provò ad aprirla ma non ci riuscì. Le mani le tremavano, ma la porta non si apriva per quel motivo: era ben chiusa a chiave. Dall’altra parte, dall'esterno, si udirono delle voci: i cinque disgraziati in anticipo rispetto al loro personale orario d'invito.
– Aiuto! Qualcuno ci aiuti! – urlò la ragazza, più forte che poteva. Le lacrime le si erano fermate in fondo agli occhi, lasciando il posto alla disperazione più totale. Poi, rivolgendosi a Mattia: – Cazzo, Mattì, mi aiuti ad aprire questa cazzo di porta?
Ma da quello che, male illuminato e travestito come loro due aveva scambiato per Mattia, arrivò un grugnito, poi un verso liquido, come una nuova, inquietante risata strozzata nell’acqua.
Alessandra urlò, forte, disperata, e piombò con le ginocchia a terra, per poi riprendere a piangere singhiozzando. – No, no, no... – piagnucolò con le mani sugli occhi bagnati, cercando di allontanare due terribili pensieri: la fine che forse aveva già fatto il fidanzato, ancora lì nella sala tra le creature; e quella che forse stava per fare anche lei, lì, a un passo dall'esterno, a un passo dalla salvezza.
– Hai avuto fegato, ragazza mia. Comincerò proprio da quello, dunque... – sussurrò gorgogliando famelica la creatura in piedi vicino a lei.
E Alessandra urlò ancora e ancora.
E Alessandra urlò ancora e ancora.
Dall’altra parte della porta, all'esterno sull'uscio dell'entrata della villa, i cinque ragazzi in anticipo accolsero con gioia le urla di Alessandra: erano così credibili...
Sì, la festa di Halloween più figa e credibile del mondo sembrava promettere davvero bene.
Sì, la festa di Halloween più figa e credibile del mondo sembrava promettere davvero bene.
Guido Pacitto
2024
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