giovedì 31 ottobre 2024

Festa in Maschera

Come da tradizione, anche quest'anno ecco un bel post dedicato alla notte più magica dell'anno: Halloween. E anche quest'anno, come il precedente, sono riuscito a buttar giù un raccontino in esclusiva per il blog. Stavolta però è stata più dura, perché il tempo per scrivere qualcosa, rispetto all'anno scorso, è stato addirittura di meno. Per non parlare della stanchezza post-lavoro...
Comunque, qualcosa è venuto fuori: una storia a tema Halloween così come volevo, così com'è stato anche un anno fa. E stavolta il tema è ancor più centrato, perché andremo per davvero a una bella Festa di Halloween, rigorosamente in maschera. Seguiamo quindi questa giovane coppia e riteniamoci onorati di poter anche noi assistere alla Festa di Halloween più esclusiva e credibile della storia.
Prima, però, una premessa: come per "L'Uomo Zucca" dell'anno scorso, anche per quanto riguarda "Festa in Maschera" non si tratta di un racconto adatto a tutti, anche se, pensate un po', ho fatto il bravo: il racconto originale è leggermente più lungo e decisamente più forte. Questa versione, quindi, è un po' più soft. Tutto questo perché alla fine vi voglio bene, credetemi. E nulla c'entra il fatto che, forse, con l'originale avrei rischiato di farmi chiudere il blog. 
Buona Festa, quindi, e su con le maschere e il trucco, mi raccomando. 

Guido Pacitto
FESTA IN MASCHERA


 Quella notte la villa era più inquietante del solito, avvolta in una strana foschia che sembrava alzarsi dall’edificio stesso verso il cielo scuro con in mezzo una pallida luna quasi piena dalla luce incerta, velata; un’atmosfera perfetta per quella magica festa.
  – Sicuro che ci sia qualcuno? È tutto spento... – chiese Alessandra al suo compagno osservando la villa illuminata dalla bianca e debole luce lunare. Erano entrambi mascherati da zombie: vestiti lerci rigorosamente scuri, trucco in faccia e parrucche dai capelli neri e scombinati.
  – E come vuoi che sia una festa di Halloween? Con luci e trenini? – le rispose subito Mattia divertito. – E poi la villa come ben sai è abbandonata ma appartiene a un riccone americano... o australiano, non ricordo, e non possiamo dare nell’occhio.
  I due ripresero il cammino lungo un sentiero fatto di ciottoli bianchi che in quell’atmosfera sembravano piccoli teschi in miniatura. Pochi minuti e arrivarono davanti alla grande porta di legno scuro che fungeva da entrata della famosa Villa dalle Cento Stanze, di cui si narravano leggende conosciute da tutti in paese. Sparse un po’ ovunque lì nei pressi dell’entrata c’erano zucche di varie dimensioni, intagliate e marce. Su un paio di esse, quelle proprio ai lati della porta d’ingresso, vi erano incollate due mezze candele spente. Mattia salì i cinque gradini di pietra della piccola scalinata davanti alla porta e bussò battendo forte il pungo: tre volte. Poi, dopo una piccola pausa, altri tre colpi. Passarono secondi di silenzio. Quando Alessandra fu sul punto di richiedere al fidanzato se ci fosse davvero qualcuno quella notte lì dentro, ecco che si sentì uno scatto e, subito dopo, la porta cominciò ad aprirsi. Davanti a loro si parò una giovane ragazza truccata di bianco e vestita da infermiera, con le immancabili macchie rosso-sangue sulla divisa candita. – Sì?
  – Stanotte la luna cadrà nel pozzo – rispose subito Mattia, sorridendo prima all'infermiera e poi ad Alessandra.
  Quest'ultima, proprio di fianco a lui, in quel momento provò una spiacevole sensazione. Dall’interno della villa non si sentiva nulla, neanche un suono, un sussurro. Ed era tutto buio.
  La ragazza-infermiera sorrise a Mattia e lo invitò a entrare. Ancora una volta Alessandra provò un certo disagio, stavolta nel vedere quel sorriso che le sembrò finto, forzato. Quando passò accanto alla ragazza in uniforme, poi, sentì uno strano profumo, come se quella dolce fragranza che proveniva dalla giovane ne nascondesse un’altra, sotto, tutt’altro che dolce. La porta si richiuse alle spalle dei due, ma l’infermiera non li seguì, restando ancora nei pressi dell’entrata.
  – Non mi piace questo posto... – fece Alessandra.
  Mattia arrestò la sua marcia lungo il corridoio scuro verso il quale si erano subito avviati, illuminato leggermente soltanto da strane forme fosforescenti attaccate alle pareti, come quelle nelle camerette dei bambini a forma di stelle e pianeti; quelle, però, non sembravano avere forme ben definite, e apparivano come macchie verdastre sospese nel buio. Il ragazzo si rivolse alla sua fidanzata e disse: – Ripeto, ti aspettavi musica latina e balli di gruppo? È una cazzo di festa di Halloween, Ale, la più grande e credibile di tutti i tempi!
  – Credibile? Vorrai dire incredibile...
  – No, no... credibile! E adesso vedrai perché... – Mattia fece ancora qualche passo e raggiunse la porta in fondo al corridoio. Bussò tre volte. Poi, come quando aveva bussato alla grande porta dell’entrata, diede altri tre colpi. Pochi secondi e la porta si aprì. Davanti ai due ragazzi si presentò una enorme sala illuminata a sufficienza da candele accese in ogni angolo. Persino i grossi lampadari, tre in tutto, avevano delle candele accese. Mattia sorrise, invitando la compagna a entrare con lui.
  Ma Alessandra titubò ancora. Prima di attraversare la soglia, osservò gli invitati a quella strana e silenziosa festa: ognuno di loro indossava lo stesso costume che indossavano loro due: vestiti scuri strappati e sporchi, e trucco da zombie con parrucche scure e spettinate: una massa di persone all'apparenza tutte uguali. La maggior parte di loro se ne stava in piedi, ferma, come in attesa di qualcosa; altri invece erano ammassati sui divani disposti a caso nell’enorme stanza, come se fossero stati spostati a festa in corso, ed erano intenti a chiacchierare o a scopare. Nell'aria si sentiva uno strano e spiacevole odore, come di marcio o di muffa.
  – Ma che cazzo... – fece Alessandra, evidentemente disgustata. 
  – Forte, eh? – le disse Mattia, con aria invece divertita ed eccitata.
  La porta si richiuse alle spalle dei due, e Alessandra e Mattia si ritrovarono così nel pieno della festa. Una festa senza musica, senza scherzi. Ognuno dei presenti se ne stava in silenzio a fare ciò che stava facendo. All’improvviso, da un gruppetto di quattro persone, le uniche travestite in modo diverso rispetto agli altri (due licantropi, uno scheletro e una strega) e che se ne stavano in piedi come a chiacchierare sottovoce, si staccò la donna e raggiunse i due nuovi arrivati. Quando la strega si parò davanti ai due, entrambi restarono abbagliati dalla sua macabra bellezza: capelli lunghi nero corvino, lenti a contatto viola, pelle bianca e marcato trucco nero intorno agli occhi e sulle labbra, come nero era il suo costume, come nere erano le calze a rete, anzi a tela di ragno, sotto stivali anch’essi neri. Restò a osservarli, in silenzio, per qualche istante. Poi, a un certo punto, chiese a voce bassa: – E voi?
  – Noi cosa? – rispose Mattia.
  – Chi siete. Si può sapere?
  – Mattia Ferr...
  – Shhhh – fece subito la strega poggiando l’indice della sua mano destra sulle labbra del ragazzo travestito da zombie. – Niente cognomi. Non servono qui.
  Alessandra, vedendo quella scena, provò un leggero fastidio, una piccola punta di gelosia.
  Mattia restò in religioso silenzio fino a quando il dito con l’unghia smaltata di nero si staccò dalle sue labbra. – Mattia e Alessandra – rispose allora.
  La strega sorrise. Rivolse lo sguardo ad Alessandra e sembrò squadrarla dalla testa ai piedi. Poi tornò a guardare il ragazzo: – La tua amica sa che tipo di festa è questa? Mi sembra un po' spaesata... 
  – Sono la sua ragazza. La fidanzata – puntualizzò Alessandra stizzita.
  La strega le rivolse un veloce sorriso di circostanza, per poi tornare con l'attenzione di nuovo verso il ragazzo.
  – Certo che lo sa – rispose lui.
  – Una festa di Halloween. Io pensavo fosse una classica festa di Halloween... – aggiunse subito Alessandra. I suoi occhi guizzavano da un angolo all'altro dell'enorme sala, registrando scene di sesso o di immobilismo totale; situazioni che riteneva entrambe assurde per quella che sarebbe dovuta essere una festa.
  Mattia le rivolse uno sguardo offeso. – Classica? Ti ho detto che sarebbe stata la festa di Halloween più figa e credibile a cui avremmo mai avuto modo di partecipare, no? Guardati intorno! 
  Ed era la verità. Come era la verità il fatto che Alessandra non si aspettava che la festa a cui l’aveva portata il compagno fosse per davvero così figa e... credibile.
  Credibile: ecco cosa voleva dire. Guardando quella massa di persone sparse per la sala si rese conto che l’atmosfera che le regalava quella visione non aveva nulla a che fare con quella che avrebbe dovuto trasmetterle una festa in maschera. Quella grande sala, in perfetto stile Halloween, sembrava per davvero popolata da mostri veri e propri.
  I mostri non scopano, però..., si disse nella mente mentre i suoi occhi puntavano su un divano dove tre zombie dal sesso non definibile (sembravano tutti uguali conciati così, compresi lei e il compagno) si stavano ammucchiando come animali.
  E chi te lo dice che non scopano?, si rispose subito dopo mentre quell’immagine, in effetti, le diede l’idea di un vero e proprio accoppiamento di
  (mostri)
  animali. Quell’immagine, invero, sembrava lontana anni luce da quello che aveva visto in punti più o meno appartati di discoteche e luoghi simili. Ancora un attimo e quei baci tra i tre sul divano gli sembrarono qualcosa di diverso dalle semplici effusioni.
  E poi... Cristo... era sangue quello?
  – Amore? – La voce di Mattia sembrò arrivare da un altro mondo.
  Alessandra tornò in sé e guardò il ragazzo: – Andiamo via?
  La strega sorrise. Anzi, rise. Alessandra si rivolse a lei e lesse nei suoi occhi viola qualcosa di brutto, di malsano. Qualcosa che le fece provare una spiacevole sensazione quasi fisica, come una lama affilata che ti accarezza la pelle all'altezza del collo.
  – Sai cosa ho dovuto fare per strappare due inviti a questa festa? – le rispose subito dopo Mattia.
  – Meglio non saperlo... – fece subito la strega, evidentemente divertita.
  Alessandra provò a folgorarla con lo sguardo, ma si accorse di non riuscire a fissare come avrebbe voluto quella donna travestita da strega. Si rivolse allora verso Mattia e gli disse: – Tu puoi restare... io... io vado via. Voglio andar via... chiamerò un taxi.
  Un urlo, soffocato, arrivò dal divano dove i tre mascherati da zombie si stavano accoppiando. Alessandra tornò così con lo sguardo verso quel punto e vide uno di loro stramazzare a terra. Gli altri due, in un turbine di sangue e grugniti continuavano a scoparsi. O a mordersi. O a mangiarsi. 
  – È soltanto sangue. T’impressiona, dolcezza? – chiese la strega all’improvviso con voce divertita, mentre gli occhi sgranati di Alessandra continuavano a fissare la scena.
  La sua attenzione, però, afferrò per un istante le parole
  (...è soltanto sangue...)
  della strega per poi lasciarle andar via, come in una sorta di sistema di autoprotezione per mantenere la calma e i nervi saldi.
  – Sangue finto, giusto? – chiese Mattia.
  La strega sorrise.
  Lo zombie ai piedi del divano si esibì in un paio di spasmi e poi si fermò. Intorno a lui il sangue (finto, giusto?) formò in breve tempo una vera e propria pozza rosso scuro.
  – È sangue finto, quello, non è vero? – chiese ancora Mattia.
  Alessandra sentì con chiarezza qualcosa di sgradevole nella voce del compagno: dubbio? Paura?
  Sì, era paura.
  – Andiamo via? – ripeté allora la ragazza al fidanzato, mentre tra i due che amoreggiavano (o lottavano) sul divano scivolò qualcosa che finì a terra con un tonfo liquido e molle. I due si staccarono dalla stretta nella quale sembravano essere finiti e si precipitarono sulla cosa flaccida a terra, una sorta di...
  Organo... è un cazzo di organo. Un polmone, un fegato..., si disse mentalmente Alessandra mentre sentiva un altro organo, il suo cuore, battere a mille. I due tizi vestiti da zombie come lei cominciarono così a dividersi il bottino a colpi di morsi. Poi, uno di loro, si toccò all'improvviso il petto e si aprì la camicia nera, scoprendo un torace con una profonda ferita sul lato destro dal quale sgorgava sangue scuro e qualcos'altro di pulsante e gocciolante. 
  È il suo polmone... o il suo fegato... è il suo cazzo di polmone o fegato quello a terra..., pensò Alessandra mentre il suo corpo veniva scosso da un brivido tanto violento quanto rapido.
  L'altro zombie, intanto, continuava a nutrirsi di quella sorta di pezzo gelatinoso e sanguinolento. 
  – Andiamo... andiamo via... – riuscì a pronunciare Alessandra mentre i suoi occhi si colmavano di orrore.
  Il tizio col torace squarciato aprì la bocca, emise un lungo, terrificante verso che riecheggiò nel silenzio generale della sala e poi crollò di faccia a terra.
  – Andiamo via, ti prego... – piagnucolò Alessandra.
  – Andare via? Miei cari, la festa di Halloween è appena cominciata... – s’intromise la strega con voce divertita. Alessandra distolse lo sguardo dalla macabra scena nei pressi del divano e lo rivolse alla strega: un sorriso splendido e allo stesso tempo inquietante si disegnò sulle sue labbra nere. I suoi occhi viola brillarono come diamanti in fondo a un pozzo. Sì, in quel momento ad Alessandra gli occhi della strega le sembrarono l’unica cosa davvero bella in quella sorta di pozzo oscuro e maleodorante in cui si erano ritrovati lei e Mattia. Con la coda dell’occhio tornò a guardare verso la zona dove il tipo travestito da zombie stava banchettando ancora con
  (polmone o fegato, fai tu)
  quella cosa viscida e sanguinolenta, e con rinnovato sgomento lo vide alzarsi e fissare gli occhi scuri, neri e profondi verso di lei, leccandosi le labbra sporche di sangue. Rabbrividì ancora, sentendo subito dopo una spiacevole e calda sensazione bagnarle l'intimo e poi scenderle lungo le cosce.
  Altri invitati, altri zombie si fecero sotto e arrivarono davanti e intorno ai due ragazzi. La strega sorrise ancora: – Credo sia arrivato il momento del rinfresco... – annunciò divertita esibendosi in una smorfia plateale da cartone animato. 
  E in un momento di lucido terrore, sia Mattia che Alessandra si resero conto che lì, in quella stanza, tra gente travestita da zombie, candele e divani, non vi era traccia di cibo. 
  O forse sì. 

Fermiamoci qui. La notte è ancora lunga, la fame è ancora tanta, e allora allunghiamo questa dolce attesa con l'acquolina in bocca
Come? Ho detto dolce? Certo che sì, ragazzi: cazzo, avete mai provato il sapore di un polmone?
Se vorrete, ci ritroveremo qui fra un paio di giorni (nella notte dei morti, ovviamente) per dare uno sguardo a com'è andata a finire questa fantastica ed esclusiva festa di Halloween. Io un'idea ce l'ho, chiara, chiarissima. Ma vi avviso: non è per niente buona.
Buona Notte di Halloween, miei cari. E mangiate con moderazione. 

- Festa in Maschera (Parte II) qui

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