lunedì 25 maggio 2020

L'Uomo e l'Isola (Episodio #006 - Macchie Buie nella Notte)


EPISODIO #006 - Macchie Buie nella Notte

Cos'era successo? Possibile che fosse stato lì, fermo a fissare quella grotta per ore? Possibile che quel buio al suo interno lo avesse attirato, ipnotizzato fino al punto da fargli perdere il contatto con la realtà e farlo tornare in sé soltanto a notte inoltrata?
Si asciugò le lacrime dal viso. Lacrime fredde di paura, di terrore, di smarrimento. E la paura, il terrore, lo smarrimento, non lo avevano ancora abbandonato.
«Mio dio...», esclamò nel silenzio assoluto di quella notte arrivata troppo presto, in un attimo. Deglutì con difficoltà, tanto da avvertire male alla gola. Gola secca. Da quanto non beveva?
Ore.
Da quando, in pratica, si era perso fissando il buio dentro, oltre quella grotta.
Rabbrividendo, quasi gli venne voglia di tornare a piangere. Era notte. Era davvero notte, e se ne stava lì, nel bosco, lontano dal suo rifugio.
«Wilson?», sussurrò.
Ma Wilson era lontano, Wilson era nel suo rifugio. Wilson, in quel momento, non era più nella sua testa.
A dire il vero non c'è mai stato..., pensò, cercando di tornare lucido. E doveva tornarlo al più presto, perché doveva decidere cosa fare: tornare di corsa al rifugio, prima che arrivassero le urla, o continuare verso la cima?
Quella domanda gli sembrò stupida, banale. Doveva tornare al rifugio, abbandonare quel maledetto posto pieno di buchi e tornare alla capanna. Tornare da Wilson.
Nonostante fosse notte, la luce della Luna piena, comunque filtrata dai rami e dalle foglie degli alberi, rendeva il paesaggio visibile, e per certi versi spettrale. Riusciva a distinguere la grotta esattamente davanti a lui, quell'entrata scura in quel momento ancor più scura, che quel pomeriggio lo aveva rapito, assorbito, stordito. E quel buio all'interno di essa era così netto, così visibile... tanto che sembrava quasi stonare con il buio naturale della notte. Quel buio, all'interno di quella grotta, sembrava infatti una cosa a parte, un buio diverso, un buio vivo... un buio che non c'entrava niente con la notte, che non c'entrava niente con... niente.
Cercò di allontanare quei terribili pensieri dalla sua testa, distogliendo lo sguardo dalla grotta.
E se ciò che ti è accaduto fosse accaduto non poche ore fa, ma... tante ore fa? Se davanti a questa grotta non ti fossi perso questo pomeriggio, ma... diversi pomeriggi fa?
Quel nuovo pensiero gli piombò addosso come un macigno. Rabbrividì ancora una volta. Si sentì ancora più spaesato e spaventato. Si guardò intorno, stando attento al minimo movimento, al minimo cambiamento. Tutto sembrava tacere. Tutto sembrava immobile. Diede uno sguardo alla Luna, alta. Troppo alta. Mancava dunque ancora parecchio tempo prima che calasse verso il mare, e lasciasse così il posto nel cielo al Sole e alla luce di un nuovo giorno. Di chissà quale giorno.
Saresti morto di sete, imbecille. Saresti morto disidratato se avessi trascorso più di un giorno qui davanti alla grotta a fare la bella statuina..., gli venne in soccorso la voce di Wilson. Finalmente.
Si sentì un po' meglio. Ma doveva scappare. Al diavolo la cima, al diavolo l'Isola, al diavolo tutto.
Ci tieni proprio a vivere, eh? E menomale che volevi impiccarti...
La voce di Wilson era tornata quella di sempre. Avrebbe voluto rispondergli a voce alta, ma non osò. Non voleva farsi sentire, non voleva svegliare... cose. Non voleva che arrivassero le urla.
Ma le urla, vista la notte ormai inoltrata, al di là del tempo che aveva trascorso in trance, sarebbero dovute già arrivare. Forse, chissà, erano arrivate e se n'erano andate durante il periodo in cui era rimasto incosciente. S'immaginò, allora, lì fermo, imbambolato, con gli occhi spalancati a guardare la grotta davanti a lui, e un turbinio di urla bestiali intorno, un turbinio, magari, di bestie urlanti intorno. Rabbrividì di nuovo.
Si girò allora verso la zona da cui era arrivato, verso il terreno in discesa, dando le spalle alla grotta, alle grotte. Grotte ovunque. Nulla era cambiato, e nel tragitto di ritorno verso la sua capanna avrebbe dovuto passarci ancora accanto, sopra, sotto. L'idea lo bloccò ancora una volta. Sospirò. Poi notò qualcosa: un movimento, seguito da un fruscio. Individuò la fonte di quel movimento con la coda dell'occhio. Il cuore cominciò a battergli forte, fortissimo. Aveva gli occhi spalancanti e respirava a fatica. Ancora qualche secondo e arrivò la tremenda conferma che quel movimento che aveva sperato di essersi immaginato, non se l'era immaginato affatto. Una figura scura, anzi, una macchia scura si muoveva lentamente a qualche decina di metri da lui, in discesa. Gli sembrò la figura di un grosso orso, o qualcosa di simile, e allo stesso tempo qualcosa di completamente diverso. Quella cosa, quella macchia, sembrava essere per davvero una macchia e basta, come se qualcuno con un enorme pennello nero stesse macchiando la visuale che aveva davanti agli occhi, illuminata soltanto dalla luce della Luna. Ecco, laddove quella macchia si spostava, tutto diventava nero. Tutto veniva oscurato. Ed era il nero più nero che avesse mai visto.
L'uomo restò immobile, anche perché non poteva fare altro. Era immobilizzato dalla paura. La macchia nera continuava a spostarsi, lentamente, ma non sembrava avvicinarsi a lui. La cosa che lo terrorizzava ancora di più, però, era il fatto che al movimento lento di quella grossa figura scura era accompagnato un chiaro fruscio dell'erba.
Non me lo sto immaginando..., pensò.
O forse ti stai immaginando anche il fruscio..., gli venne ancora una volta in soccorso la voce di Wilson.
In quel momento sperò che tornasse incosciente, che tornasse il black-out, per poi risvegliarsi in piedi, nella stessa posizione, ma con il Sole alto nel cielo al posto della Luna.
Ma il black-out non arrivò. I suoi occhi continuarono a seguire quella macchia buia tra gli alberi ben visibili. E quella macchia buia continuava a scivolare, lenta, a oscurare tutto ciò che toccava.
All'improvviso la sua attenzione venne rapita da un altro movimento, poco lontano, poco più in basso. Ed eccone ancora un altro, e un altro ancora. Macchie buie nella notte. Tante oscure macchie  che si muovevano lentamente, tutte nella stessa direzione in cui continuava a muoversi la prima, tutte verso nord. Tante oscure macchie come tante erano la grotte...
Il buio delle grotte... è il buio delle grotte..., pensò l'uomo, con la sua voce, con la sua testa, mentre i capelli dietro la nuca gli si rizzavano come spilli. Il buio delle grotte è venuto fuori, ed eccolo... eccolo qui...
Sentì frusciare alle sue spalle. Lo sentì chiaramente, così come sentì un alito di vento gelido accarezzargli la nuca.
E questo è il buio di quella grotta... quella alle mie spalle, quella...
L'uomo chiuse gli occhi, strizzandoli forte. Il cuore sembrava stesse per esplodergli nel petto; lo sperò.
Tu non vuoi morire... non prenderti in giro..., arrivò però la voce beffarda di Wilson.
«Voglio morire. Sì che voglio morire...», gli rispose a voce alta. E stavolta, raccogliendo tutto il coraggio che riuscì a trovare, decise di dimostrarglielo: aprì gli occhi, osservando con sgomento che le macchie buie non se n'erano andate, e lo fece...
Si voltò di scatto verso la macchia scura che era sicuro di trovare lì, a pochi passi da lui, appena uscita dalla grande grotta davanti alla quale si era perso, e...
E la trovò.

2 commenti:

  1. La voce interiore (aka Wilson) non è che aiuti così tanto... XD
    Attendo il sequel, per vedere cosa ha trovato davvero il protagonista.

    Moz-

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  2. Le voci interiori spesso sono le più critiche. O meglio, le più bastarde :D

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