È la Notte di Halloween. E allora qualche minuto per scrivere qualcosa in questa magica notte ho voluto ritagliarmelo.
Comincio subito col dire una cosa importante: quando ero piccolo Halloween per me non esisteva, non sapevo neanche cosa fosse. Non so se negli anni '80 questa festa fosse già arrivata in Italia, in generale, oppure se ancora una volta era soltanto la mia piccola realtà paesana a ritrovarsi tagliata fuori. Ma una cosa altrettanto importante va detta: da piccolo, per me, le notti in cui il confine tra la realtà e il mondo dei morti, dei fantasmi, delle creature sovrannaturali e spaventose... erano tante. Altro che una singola notte in cui ci si traveste e si va porta a porta a chiedere dolcetti...
Sì... le mie notti di Halloween erano quelle in cui dovevi stare attento a non pronunciare quel nome che cominciava con J e finiva con A, perché se lo pronunciavi un certo giorno, stavi pur certo che quella notte una Janara ti avrebbe fatto visita. E forse non sarebbe bastato metter sul davanzale un mucchietto di sale. Ecco, il mucchietto di sale: se c'è un'immagine che da bambino mi terrorizzava più di ogni altra cosa, credo fosse proprio questa. Non la Janara in sé, ma il metodo per non farla entrare. Santo cielo... cosa diavolo avrei fatto se mi fossi svegliato in piena notte e mi sarei ritrovato una donna dai lunghi capelli neri china sul davanzale a contare quei granelli di sale? Brividi... ancora oggi al solo ricordo. E allora... muti! Non nominate neanche per scherzo quel cazzo di nome!
Le mie notti di Halloween erano quelle in cui sentivo il verso di una civetta, nel silenzio assoluto del buio là fuori, e cercavo di convincermi, occhi spalancati verso il soffitto, che quel verso non fosse in realtà quello di una civetta. No, mio dio, no! Perchè si sapeva, lo sapevano tutti, che la civetta di notte arrivava a cantare vicino alle case in cui di lì a qualche giorno sarebbe morto qualcuno. E allora quel verso per me non era mai quello di una civetta, ma quello di un altro dannatissimo uccello, oppure quello di una volpe in lontananza.
Le mie notti di Halloween erano quelle che arrivavano dopo una serata passata a giocare a pallone con i miei amici, di ritorno dal campetto verso casa, mentre ci si imbatteva nei resti dei piccoli falò di foglie bruciate ai lati della strada, dai quali inspiegabilmente continuavano a salire rivoli di fumo nonostante la cenere fosse ormai fredda.
"Sono spiriti", diceva qualcuno.
"Vaffanculo!", rispondeva un altro.
"Anche per me si tratta di spiriti. O di qualcosa del genere...", aggiungevo io, per spaventare gli scettici e, soprattutto, per mascherare, nascondere a tutti gli altri che il primo a essere spaventato da quei maledetti sbuffi di fumo bianco ero proprio io.
Le mie notti di Halloween erano quelle dei ritorni notturni dalle feste di paese, quando da solo passavo in posti che non mi piacevano per niente, più bui degli altri, e allora acceleravo il passo perché avevo paura di sentire una presenza alle mie spalle. Ma quel cercare di allungare il passo, in definitiva, amplificava ancor di più quella sensazione. E allora quante volte mi mettevo quasi a correre? Anzi, no, proprio a correre? Beh, l'importante è che il mio passo veloce e le mie corse hanno funzionato: quella presenza non è mai riuscita a prendermi.
Le mie notti di Halloween erano quelle in cui passavo per il cimitero e vedevo quelle decine di fiammelle tremolanti, oltre i cancelli. E oltre i cancelli, ne ero sicuro, avrei visto qualcuno, avrei visto qualcosa, se mi fossi fermato a osservare con un po' più di attenzione; e vi assicuro che non ho mai osservato con attenzione un cimitero di notte nei miei giorni d'infanzia e adolescenza. Oggi come oggi sì, lo faccio, e a dir la verità ho intravisto cose che mi hanno spinto a non biasimare quelle mie paure infantili.
Le mie notti di Halloween erano quelle che arrivavano dopo un'accesa discussione con una mia cara zia, che mi aveva intimato più di una volta di non pronunciare il nome di quella sorta di monachello, perché poi, sicuro, la notte sarebbe uscito dal camino e avrebbe fatto casino...
"Che casino?"
"Cose brutte!"
Ma in fondo sono stato sempre un provocatore, anche a costo di rimetterci io stesso: "Quante storie pe' 'stu Mazzamauriegliu!". E via con le imprecazioni di mia zia. E via con le mie notti passate ad ascoltare il minimo rumore; e con un occhio al camino.
Le mie notti di Halloween erano quelle dei giri in macchina con gli amici, lungo una strada che per tutti era meglio non percorrere a tarda ora. Perché? Perché da quelle parti si riuniva gente incappucciata con delle candele (o forse erano torce?!) in mano, e se avevi la sfortuna di incrociarle, sarebbe stato meglio mantenere il sangue freddo e tirare dritto. E di luci e lucine tra le campagne di notte in quella zona, a dir la verità, ne ho sempre viste. Cacciatori? Piccoli fuochi ancora accesi? Nel dubbio... sì, ho tirato sempre dritto.
Le mie notti di Halloween erano quelle passate a parlare con gli amici di tutto ciò di cui ho parlato in questo post. Ma quanto era bella la sensazione della pelle d'oca quando qualcuno di noi diceva: "Io una volta ho visto..."?!
E a distanza di anni, ricordando quei momenti, quelle notti magiche, mi tornano alla mente tante, tante cose. Ricordo di aver detto anche io, davanti alla platea di amici attenti e all'apparenza scettici, "Io una volta ho visto...". Ma ciò che ho sempre raccontato in quelle notti davanti a un fuoco, un falò, erano ovviamente sempre state delle stronzate. Nulla di vero. Perché, e forse questo non capita soltanto a me, quando si vede per davvero qualcosa di strano, di irreale, di straordinario, probabilmente ci si vergogna a raccontarlo... perché è successo per davvero, non ce lo stiamo inventando, e allora temiamo di esser presi in giro, presi per pazzi, per anormali. O forse, ancor di più, per non mettere in parole, per non sentire dalla nostra voce e dunque realizzare ciò che si è visto. Meglio far finta di niente. Meglio inventarsi stronzate, perché quelle, raccontate dalla nostra voce, sono soltanto storie a effetto a cui nessuno, in fondo, crederà mai.
A distanza di anni, dunque, forse mi piacerebbe piazzarmi davanti a un fuoco acceso, con qualcuno di voi a farmi compagnia, e finalmente poter dire, stavolta senza inventarmi niente, "Io una volta ho visto..."
Perché l'ho visto davvero.
Io li vedo sempre i fantasmi, e loro sorridono di chi li celebra una sola volta l'anno.
RispondiEliminaAlmeno sono simpatici ;)
EliminaChe poi, alla fine, Halloween è una festa cristiana. La notte che precede l'omaggio ai santi. Ha spiegato tutto Anima Mundi. Se vai nei miei preferiti blog Roll trovi tutto.
RispondiEliminaForza Napoli!
Infatti su Halloween si fa una grande confusione, a cominciare dal fatto che tutti pensano si tratti di una festa americana.
EliminaForza Napoli SEMPRE, Gus! ;)
Io una volta ho visto che mi hanno imbrattato il cancelletto piccolo di schiuma da barba perché' la sera prima i bambini che mi hanno citofonato per farsi dare i dolcetti li ho mandati via in malo modo scambiandoli per venditori porta a porta.
RispondiEliminaIl giorno dopo vedendo il cancello sporcato ho preso consapevolezza di cosa sia Halloween.
E' successo 16 anni fa'.
Comunque sei proprio terrone fino all'osso se credevi davvero a tutto quello che hai scritto in questo post.
Noi polentoni siamo meno creduloni.
CIAO
Sì, certo... vivi nel posto dove ho vissuto io, a quell'età, in quegli anni, e poi ne riparliamo! :D
EliminaOh... ma adesso che non ci credo più, mica sono diventato polentone anch'io?! 😨